Un caldo pomeriggio di maggio alla fermata del tram
81 “Guillaume Tell” Ismail stava facendo delle bolle di sapone.
La mamma gli
aveva dato il permesso di giocare sulla strada ma senza allontanarsi troppo
altrimenti la prossima volta sarebbe rimasto chiuso dentro il negozio assieme a
lei.
Sì, poteva giocare
fuori, e fare le bolle di sapone, gli aveva detto dandogli una carezza.
Ismail
era felice.
La
mamma gli aveva appena regalato una boccetta piena d’acqua e sapone per fare le
bolle e lui ne lanciava molte tutte assieme. Inspirava tutta l’aria
che poteva fino a scoppiare e poi dopo essersi concentrato a lungo, non voleva
che nemmeno una goccia toccasse terra senza essere prima diventata una bolla,
prendeva l’anello di legno giallo e soffiava, soffiava più a lungo che poteva.
Soffiava
con tutta l’aria che aveva nei polmoni: soffiava così
tanto e così a lungo che dopo un po’ gli mancava il fiato e il cuore gli batteva
tanto veloce che gli sembrava quasi di morire.
Poi
Ismail cominciava a correre dietro alle bolle. A quelle più
grandi, all’inizio. Quelle su cui l’azzurro del cielo si rifletteva mostrando
anche la forma di una nuvola un po’ sbilenca.
Quando
quelle grandi scoppiavano andando ad infrangersi sul banco della frutta o
contro il muro del negozio correva immediatamente dietro a quelle più
piccole e poi subito dopo a quelle più piccole ancora.
Ma quelle piccole non era
facile seguirle.
Si nascondevano.
Fuggivano.
Le
bolle piccole si nascondevano con grande facilità: si rifugiavano dappertutto.
Faceva in tempo a scovarne una che altre cinque si erano già
infrattate.
Puff!
Doveva
stare attento, Ismail, perché quelle piccole erano
anche le più delicate. Una
minima distrazione e finivano investite da una macchina oppure travolte da qualche
adulto che camminando distrattamente, come fanno abitualmente i grandi, le
faceva esplodere.
Bum!
Con
le bolle grandi gli adulti facevano “ohoooo” e
poi esclamavano “ma quanto sono belle!”; con le piccole no: le bolle piccole i grandi non le
vedevano mai. Ismail lo sapeva bene: perché i grandi
riescano a vedere le bolle doveva fare delle bolle veramente enormi.
Poi
tutto ad un tratto mentre cercava di seguire una bolla minuscola passò
un grande, sbadato pure lui, che andò a sbattere contro Ismail.
Al
poveretto cadde quasi tutto il liquido che aveva nella bottiglietta: non ci
credeva e gli veniva quasi da piangere. Controllò nuovamente nel flacone e vide
che ne era rimasto pochissimo, forse per una bolla o al massimo per due.
Andò
verso il negozio ma la mamma stava parlando con un cliente e tornò
quindi sul posto dove il grande colpendolo gli aveva fatto versare il liquido. Riandò nuovamente
dalla mamma per raccontarle il fatto ma la mamma stava ancora parlando con il
cliente.
Uffa, fece stizzito.
Decise allora di tornare nuovamente
indietro e trovò un elefante con una lunghissima proboscide che faceva delle
bolle invisibili a cui solo lui poteva correre dietro.