venerdì 30 agosto 2019

17. L'osservazione del pelo come palliativo alla catastrofe





Si continuava ad osservare il dito medio sinistro e per la prima volta scoprì l’esistenza di un lungo pelo nero all’altezza della seconda falange: disegnava una specie di volta che partiva da sinistra e si stendeva pigra quasi a concludersi al capo opposto. Non ci aveva mai prestato attenzione.
Perché solo adesso?
Gli tornarono alle mente le parole del suo amico Hans: insisteva, amaro, sul fatto che attualmente si tende a pensare e a scrivere scrutandosi l’ombelico mentre tutto accanto si svolge, triste, l’ennesima catastrofe quotidiana, presto sostituita da un’altra sulle pagine dei principali quotidiani.
L’osservazione dell’ombelico quale sollievo morale? Oppure boa di salvataggio cui aggrapparsi per volgere gli occhi altrove, nell’istante in cui ogni cosa affonda e si ha paura di colare a picco insieme? O forse è solo un palliativo?
Una piccola brezza intanto entrò nello studio tagliando di traverso la finestra con i doppi vetri. Lui continuò a scrutare quell’interminabile pelo massiccio.
Spesso.
Si interruppe e prese un foglio di carta bianca e cominciò a farci degli scarabocchi sopra. Ne venne fuori un banale triangolo isoscele. Non aveva mai posseduto una grande fantasia e i disegni che faceva alla fine non erano che mediocri forme geometriche. Ma quel triangolo gli materializzò la Randelli, la professoressa di matematica e fisica del liceo. Che lo terrorizzava tuttora. Di matematica e fisica ormai rammentava più nulla. Ma ricordare la Randelli, vederla entrare alta e austera e avvicinarsi alla cattedra il lunedì mattina le prime due ore quando ancora era viva l’angoscia della settimana appena iniziata era puro panico.

Una spremuta di ansia.

Un distillato di tormento.
Scosse la schiena, rabbrividendo.
Vediamo chi dobbiamo interrogare oggi, domandava spietata la Randelli mentre lui si celava lentamente dietro il compagno di scuola seduto al banco davanti, pregando in silenzio di non sentire estrarre il proprio nome.

Pregare!

All’ora di religione si bestemmiava spavaldamente ma poi quando giungeva quella di fisica si chiedeva l’aiuto di Dio, promettendo di smettere di imprecare la prossima lezione di religione.
False promesse.
Promesse fatte nel momento del bisogno.
Quando il nome chiamato e, richiamato, era proprio il suo e non un altro, si augurava il tutto si concludesse subito e senza dolore, un taglio netto; come poi avveniva regolarmente con il solito due sotto lo sguardo beffardo dei compagni. Chissà cosa pensavano loro prima di prendere sonno la sera.
Chissà su cosa si arrovellava Cristo prima di addormentarsi.
Eccolo di nuovo il pelo a volta. Una volta incompleta. Non si congiungeva con l’altro lato. Rimaneva lì, indeciso. La completo o non la completo questa volta, sembrava interrogarsi. La fatica di concludere, se ne doleva.
Se è vero il teorema che gli era capitato di leggere un giorno da qualche parte secondo cui in un “mondo che ci obbliga all’eccellenza fare schifo è un gesto rivoluzionario”, allora un suo corollario adulterino non poteva essere che quello di interrompere sistematicamente e con giudizio ogni incombenza cominciata: un atto di ribellione.
Un inno d’amore rivolto alla dea della sospensione.
Tornò a contemplare il lungo pelo apparso sul dito medio che non aveva alcuna intenzione di concludere la sua volta. Voleva lasciarsi incompiuto. Lo riguardò nuovamente e vide che era sparito ora.
Non c’era più.

venerdì 23 agosto 2019

18. Un biglietto di sola andata





Trentacinque anni compiuti da due mesi e di un lavoro come Cristo comanda non ne aveva più memoria non so da quanto. Sua madre continuava insistentemente a chiederle quando le avrebbe dato un nipotino e lei all’inizio le rispondeva “Ma’, ma di che nipotino stiamo parlando che non ho nemmeno uno straccio di ragazzo!”.

Ora aveva anche smesso di risponderle.

Un piccolo neo a metà del naso corto e gentile, un puntino a mezz’aria messo lì a testimoniare e a ricordarle tutti i santi giorni il carattere sospeso della sua vita e gli occhi gatteschi tristi come quelli di Querida, la gatta che le faceva compagnia da anni, ora malata. La frangia nera nera arrivava a coprirle le sopracciglia ordinate mentre la piccola macchia scura a forma di Iris capovolto sulla gamba destra sembrava ora anche più grande, procurandole qualche imbarazzo quando accavallava le gambe bianche.
Conclusa l’Accademia s’era impantanata con lavoretti fatti per racimolare qualche soldo per birre e sigarette giacché insieme ad altri aveva squattato un vecchio edificio fuori uso poco lontano dal centro della città.
Ma dalla fine dell’Accademia erano passati quasi dieci anni e all’orizzonte non solo non c’erano un ragazzo con cui vivere e il nipotino che mamma desiderava, ma neanche un fottuto lavoro con cui pagare ora l’affitto mensile.

Una vita di cacca, pensava.

L’unica consolazione erano quei duecento euro che le erano rimasti da una parte guadagnati alla bell’e meglio affittando su  Airbnb il mini appartamento dove viveva costringendola a farsi ospitare per una settimana da Maddi, la sua amica di sempre.
Sai che culo, duecento euro! E tra una decina di giorni toccava pure sborsare nuovamente i soldi per l’affitto.
Prese la piccola macchina a metano e si fermò al primo bar e si fece alcune birre fumando una sigaretta dietro l’altra. Voglia di tornarsene a cuccia zero e l’alcool inoltre aveva cominciato a fare il suo piacevole effetto. Riprese la macchina facendo alcuni giri a vuoto indecisa e, come sempre, alla fine piombò sul solito bar lì lì che stava per tirare giù le saracinesche. Il barista non le dispiaceva affatto ma aveva presto intuito che non c’era storia. Troppo giovane.

Cazzo, non voleva rimorchiare cosi, a matto.

I ragazzi non le erano mai mancati. E volendo bastava che si fosse piantata un po’ lì davanti al bancone e se non fosse stato stasera sarebbe stato domani.
Ma per cosa?
Una scopata? Anche no, scosse la testa.
Dopo aver ordinato una vodka secca si accovacciò su uno sgabello all’esterno a rollarsi del tabacco. Un tipo intanto le s’era avvicinato chiedendole se avesse da accendere. Cacciò l’accendino dalla tasca e glielo diede facendogli capire di non tirarla molto per le lunghe.
Scolò subito il bicchiere e si alzò per andare a chiederne un’altra.
“Me ne fai un’altra, per favore?” e aggiunse perentoria “doppia!”.
Tre minuti dopo era già in macchina verso casa. Girò le chiavi sulla toppa e si voltò allarmata là dove lei era sempre accucciata. Non dava segni di vita. Si mise a piangere mentre il dolore per la morte di Querida le veniva su direttamente dallo stomaco.
Accese il PC e finalmente decise: un biglietto di sola andata per Pamplona.

venerdì 16 agosto 2019

19. Il rinnovamento del guardaroba linguistico





Come mi accadeva spesso, dopo qualche settimana in Italia e quando intravvedevo già i primi segnali dell’immediato rientro a Bruxelles mi decisi a fare quanto non fatto nel corso dei giorni passati, perché ancora avevo l’illusione del lungo tempo a disposizione.
Non era la prima volta che osservavo quanto i giorni al ritorno tendano a scorrere con un ritmo più accelerato come l’apparire e il coricarsi del sole che ora avvenivano ad una velocità sorprendente.
E così urgentemente consapevole che il numero dei giorni si accorciava e che la lista delle cose da fare si allungava accettavo di pranzare con Ben. Erano passati sicuro un paio di anni dall’ultima volta che ci beccammo ad un altro pranzo quando poi la sua auto ci lasciò pure a piedi sotto una pioggia che veniva giù a far male. Nel frattempo aveva avuto un figlio e s’era già separato dalla donna con cui l’aveva concepito.

Cose che succedono.

Era in ferie. Da qualche ora.
“Cosa prendiamo?", mi domandò.
Un’occhiata al menu. Faceva troppo caldo per prendere qualcosa di caldo e quindi decidemmo per un piatto di seppie e piselli bollenti. Scelta coerente, esclamammo. Con quaranta gradi, non vuoi mangiarti delle seppie e piselli?
“Be’, prendiamoci almeno una insalata”.
“Mi sembra il minimo.”
“Cazzo, una vita!”
“Eh, sì” rispose.
“Che dici? Com’è?” attaccai. D’altra parte Ben è uno che difficilmente si concentra per più di dieci secondi. Avrà detto miliardi di volte che ha il disturbo dell’attenzione. Sarà.
“Bene. Sai che mi sono allascato?”
“Allascato?”, lo fissai perplesso.
“Sì, Giulia. Finita! Boh… sarà un anno e mezzo… sta con uno divorziato… c’avrà sopra cinquanta anni: venti più vecchio di lei. Pensa un po’!”.
Feci sì con il capo lasciando immaginare un “niente di nuovo”.
Gli domandai “E tu?”
“Sto con Asia: è un ‘95. Non ci sta con la testa: una furiosa! È un annetto che stiamo insieme… insieme… si fa per dire… e adesso se ne vola per Birmingham.”
“Birmingham?”,.
Annuì allargando le braccia.
“Vedremo” fece scattando. “E da ieri mi hanno pure revocato nuovamente la patente. Ti ricordi dell’incidente di quella volta, no? Sono pure a piedi. Non so nemmeno come cazzo andarci a lavorare”.
“E al lavoro?”
“Bene. Tiro su tremila euro al mese. Ma giro l’Italia come una trottola partoriente. E quello sarebbe anche il meno. Il problema sono le stecche”.

“Stecche?”

“Eh, no? Per vendere i nostri prodotti nei supermercati devi dare delle stecche”. E abbassando la voce e guardandosi attorno “Duemila a uno. Quattromila ad un altro. Vuoi avere uno spazio tre per due in quel supermercato dove esporre e vendere i tuoi prodotti? Portati a cena il buyer e poi fagli trovare una busta con un po’ di cash. Altrimenti hai voglia a piazzarli i tuoi prodotti là dentro.”
“Eh, sì” cercai di capire.
“Dai lasciamo perdere. Non parliamo di lavoro che ho appena cominciato le ferie. Lo sai che sono trecento?”
“Trecento?”
“Esatto. Martedì scorso alle ventuno e trentacinque. Le prostitute non contano.”, sorrise strizzando l’occhiolino.
“Trecento!” esclamai “robe grosse”.
Gli venne fuori un ghigno di soddisfazione. “Ovviamente senza considerare quelle pagate.” E mentre inviava un messaggio “Be, quelle pagate non l’ho mai contate. Solo messe nel conto dell’azienda. Nella richiesta di rimborso oltre alla stanza dell’hotel e un pranzo ci facevo entrare anche la ragazza in camera”.
“Mentre stavi insieme a Giulia?” chiesi provando ad insinuare il tarlo morale (che figlio di puttana che sono!).
“Sì, che c’entra? Ovvio… ma tanto quella erano solo delle seghe travestite”.
“Seghe travestite?”.
“E no?!”
Stavamo facendo la scarpetta quando una decina di carabinieri entrò dentro il ristorante per prendersi un caffè. Ben si agitò e prese il telefono per mandare dei messaggi.
“Tutto a posto?”
“Sì, sì. Devo solo avvisare Cla di aspettare prima di raggiungerci”.
“Perché?”, domandai stupito, ma non tanto.
“Come perché? Non li vedi?”
“Certo che li vedo. E allora?”
“Cla mi deve portare 5 grammi di cristalli”.
“Cristalli?”
“Sì, cristalli. Forse è meglio che stia ancora lì ad aspettarci.”
“Sì, forse è meglio!”

venerdì 9 agosto 2019

20. Dimmi che stato hai su WhatsApp e ti dirò chi sei




Faceva un caldo insopportabile, un caldo che ti rimaneva appiccicato addosso come quando facendoti il bidet con “Natural’è intimo” fai fatica a sciacquarti tutta quella schiuma che ti sta lì sotto.
Dopo aver letto la presentazione delle madri di Ossip Gregorovius il cui numero dipendeva dal suo grado di sbornia, e poi essere passato alla descrizione, torbida e vagamente incestuosa, del frugare di Agathe fra i fogli del fratello e infine letto qualche passo sulla mostra fotografica di Luigi Ghirri al musée du Jeu de Paume a Parigi ne avevo abbastanza. E decisi dunque di darmi a qualcosa di più triviale digitando sul cellulare la pagina del quotidiano la Repubblica.
Bingo!
Il trend del momento che scorrazzava qua e là era il “vicino di numero”. Di cosa si tratta? Poniamo il caso che il numero della mia utenza mobile sia 1234567, i miei vicini di numero allora saranno il sei e l’otto perché quelli più prossimi all’ultimo numero. E a questi ho inviato un messaggio. Senza alcuna risposta. Non avevo alcun vicino. Forse avrei potuto provare anche l’altra di SIM ma non avrei sopportato una nuova cocente delusione. E così frustrato e sfiduciato ripiegavo su WhatsApp per distrarmi e frucugliare tra i miei 1.500 contatti.

Puro voyerismo di una notte di mezza estate.

Dopo un centinaio di contatti realizzai presto che le immagini del profilo non mi comunicavano poi un granché. Erano facilmente prevedibili giacché il più delle volte si trattava della propria foto o di quella di gatti-cani-fidanzati-fidanzate-figli-figlie-padri-madri-mariti-mogli.
Poiché dunque le immagini erano diventate presto noiose e il sonno stava per prendere il sopravvento aprii a caso uno dei primi contatti che corrispondeva a Adriano per vederne lo stato. Dopo avere cliccato sopra il suo nome WhatsApp mi avvertiva: “Ultimo accesso 20/06/19 alle 13.32”. Da allora niente più. Ma poi ricordai di aver letto su un sito di cronaca locale che il povero Adriano proprio il 20 giugno 2019 era stato arrestato con un migliaio di “Donald Trump” da 120mg di MDMA ciascuna. Chissà con chi si era sentito quel giorno alle 13.32.
Suppongo che per un po’ sarà difficile saperlo.
Conclusa una lunga ed estenuante ricerca sullo stato dei miei contatti su WhatsApp, e grazie ad un campione, sì casuale ma più affidabile degli ultimi exit poll, sono in grado di dirti, con estrema precisione, che tu appartieni senz’altro ad uno dei profili psicologici che ho identificato e che potrai leggere ora.

PROFILO POCO ESIGENTE
Una buona metà dei miei contatti riporta la frase standard “Ciao! Sto usando WhatsApp” o anche un vago “Disponibile” (disponibile a cosa?) tradotta in svariate lingue incluso, credo, anche il mandarino (non è difficile comprendere che si tratti esattamente di quella frase visto che comunque termina con “WhatsApp”). Se pure tu ti identifichi in questa categoria sappi che si tratta del tipico profilo psicologico da cliente di supermercato dell’Europa dell’Est ma prima della caduta del Muro di Berlino. Consumatori poco esigenti: un prodotto una marca.

PROFILO NEW AGE
Se invece tendi a sviluppare pensieri o stati che richiamano frasi tipo “Potranno tagliare tutti i fiori ma non potranno fermare la primavera”, “Buona vita!”, “Keep the faith”, “Fai ciò che devi e accada quello che può”, “In meditazione” o anche il più svolazzante “Il faut être léger comme l'oiseau, et non comme la plume” allora sei inevitabilmente affetto da spiritualismo New Age, con frequenti incursioni in spiaggia per il saluto al sole.

PROFILO POLITICO
Al contrario se hai sì una tendenza allo spiritualismo New Age ma quello che ti caratterizza maggiormente sono le frasi tipo “Dio è morto, Marx è morto e anch’io oggi non mi sento tanto bene”, “In direzione ostinata e contraria” o anche un “Cuba libre forever!” (sebbene in quest’ultimo caso possano sorgere dubbi interpretativi ostici anche per l’esegeta più scrupoloso); be’ non mi posso sbagliare sei più da sede di partito ma con annessi cella frigorifera, freccia indicante una qualsiasi direzione contraria e, forse, anche un bar.

PROFILO IMMOBILE
Frasi tipo “In giardino”, “Al cinema”, “In palestra”, “Dal dentista”, “A scuola”, “In treno”, “In aereo”, “In tribunale”, “Al lavoro”, “In viaggio” et similia presenti nel tuo stato, diciamo da più di un anno, dovrebbero fornirti una qualche indicazione sulla tua attitudine al cambiamento. Niente di preoccupante in fondo. Consiglio disinteressato: prova a chiederti quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta.

PROFILO BUSY
Questo è palesemente il profilo psicologico di chi non perde tempo altrimenti non si chiamerebbe “Profilo busy” ma si chiamerebbe non so, qualcosa tipo “Profilo occhi puntati alle stelle”. Hai scritto più di una volta nel tuo stato ”Occupato”, “Non posso rispondere”, “Ti chiamo quando posso”, “Run run run”, “Solo chiamate urgenti”, “Scrivete solo se necessario”, “Esclusi perditempo”? Be’, la categoria di appartenenza è chiara e non si discute. Tanto non avresti tempo per poterne parlare. E quindi smettiamola qui.

PROFILO INTELLETTUALE
Ti è già capitato di mettere nel tuo stato cose tipo “Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico. Io sono vasto contengo moltitudini”, o pure un qualcosa di più esotico come un “Carpe diem”, un “Omnia vincit amor”, “Memento audere semper” o anche un più ricercato “Transire suum pectus mundoque potiri“? Margine di errore vicino allo zero che il tuo sia un profilo intellettuale. Ma la più recente epistemologia e filosofia della scienza dovrebbero metterti in guardia da un certo determinismo; ed io aggiungerei anche dal primato del logos.

Cristo m’ero dimenticato dell’ultimo profilo. Ed eccolo qui. È il PROFILO LUNGIMIRANTE.
Appartiene a chi ha nel proprio stato la frase tipo “Buon anno nuovo!” con tanto di bottiglia di spumante che esplode anche ora che siamo ad agosto. Trattasi di profilo appunto lungimirante perché tanto il nostro sa che è inutile affannarsi a ricambiare lo stato perché il Capodanno arriverà anche alla fine di questo 2019. E dopo Ferragosto arriverà pure più rapido. Dalla fetta di anguria a quella di panettone: un battito di ciglia.


Quale sarà lo stato che ho sul mio WhatsApp? Corro a controllare!



venerdì 2 agosto 2019

21. La libertà e la mosca azzurra




Mentre scarpinavo giù piano piano, con lo zaino pesante quanto un vecchio finale "Crest Audio", per arrivare sulla spiaggia deserta dove avrei campeggiato, mi continuavano a venire a mente uno dei tanti lavori che avrei voluto fare e Walden.
Alla fine quel lavoro, e molti altri ancora, non l’avevo mai fatto poiché tendo a seguire la linea di minor attrito; e non so sia stato un bene o meno. E a Walden ripensavo solo ora, dopo secoli, perché ogni volta che si fa del campeggio solitario ci si sente ridicolmente lui.

Un po’ libero.

Insomma, avevamo preparato tutto quello che serviva in vista di un paio di notti di campeggio selvaggio in una spiaggia poco affollata nell’Adriatico. La lista della sopravvivenza era stata preparata meticolosamente tenendo conto dei bisogni di persone abituate a vivere in grandi città, senza ovviamente dimenticare lo spray contro le zanzare e il materassino perché la sabbia è dura.
Tutto il possibile. Anche se il possibile si scontra sovente con il reale e con il peso che l’accompagna. E per gonfiare il materassino occorreva una pompa ordinata su Amazon arrivata giusto prima della partenza.
Come funzionano queste interfacce di conversione?, mi chiesi intanto che le osservavo sperando qualcuno avesse inserito un manuale delle istruzioni tipo quelli di Ikea.
Nessuna idea! Altro che Walden: uno sfigato cittadino che manco una semplice pompa sapeva far funzionare.
Prendemmo il lungo sentiero per scendere ed io continuavo ad interrogarmi sull’esistenza di un Walden d’inizio millennio. Be’, mi consolai, non ne sarei stato capace nemmeno allora; figuriamoci adesso, connessi all’inverosimile.
Che stelle saranno mai quelle? Lanci Sky Map e ti dice che è la costellazione di Cassiopea. E la curiosità è presto risolta. Ma già la volta successiva avrai dimenticato la sua posizione. E la ricercherai.

Senza memoria.

Chiedendoti nuovamente il nome di quel gruppo di stelle con la forma a W e scoprirai che si tratterà della stessa Cassiopea. Una nuova scoperta che sarà priva del ricordo della vecchia scoperta. Perché ricordare presuppone attenzione e, nell’eterno presente costituito da impulsi continui a caccia di attenzione, non sempre ciò è alla portata di tutti.
A metà discesa incontrai un vecchio amico che non vedevo da anni e che tempo prima faceva l’ambulante girando in lungo e largo i mercati della provincia vendendo articoli che comprava in India. E del suo lavoro, che una volta avrei voluto fare anche io, amavo il senso di libertà che l’accompagnava che veniva dall’essere oggi qui e domani lì. La stessa libertà che può offrirti una spiaggia vuota su cui stai campeggiando selvaggiamente.
Intorno a mezzanotte entrai in tenda dopo aver cenato con una cosa che c’eravamo preparati a casa da persone diligenti. E crollai subito dal sonno.
Ad un certo punto questa si riempì di migliaia di larve di mosche azzurre. Dappertutto. Mi domandai sgomento come fossero entrate, da dove fossero comparse; un attimo prima non c’erano. Ora erano lì.

Un esercito di larve.

Provai ad ucciderne alcune. Ma rinascevano. Erano distese su ogni angolo. Eccole lassù, in alto, sul punto in cui si trovava la retina bianca che permette all’aria di entrare. Colma di larve.
Dio mio!!, cominciai ad urlare.
Mi voltai e vidi che Tina, accanto a me, dormiva e il suo respiro leggero e costante mi aveva immediatamente tranquillizzato.

Chissà dov’erano scomparse tutte quelle larve che hanno bisogno della merda per poter evolversi.