venerdì 16 agosto 2019

19. Il rinnovamento del guardaroba linguistico





Come mi accadeva spesso, dopo qualche settimana in Italia e quando intravvedevo già i primi segnali dell’immediato rientro a Bruxelles mi decisi a fare quanto non fatto nel corso dei giorni passati, perché ancora avevo l’illusione del lungo tempo a disposizione.
Non era la prima volta che osservavo quanto i giorni al ritorno tendano a scorrere con un ritmo più accelerato come l’apparire e il coricarsi del sole che ora avvenivano ad una velocità sorprendente.
E così urgentemente consapevole che il numero dei giorni si accorciava e che la lista delle cose da fare si allungava accettavo di pranzare con Ben. Erano passati sicuro un paio di anni dall’ultima volta che ci beccammo ad un altro pranzo quando poi la sua auto ci lasciò pure a piedi sotto una pioggia che veniva giù a far male. Nel frattempo aveva avuto un figlio e s’era già separato dalla donna con cui l’aveva concepito.

Cose che succedono.

Era in ferie. Da qualche ora.
“Cosa prendiamo?", mi domandò.
Un’occhiata al menu. Faceva troppo caldo per prendere qualcosa di caldo e quindi decidemmo per un piatto di seppie e piselli bollenti. Scelta coerente, esclamammo. Con quaranta gradi, non vuoi mangiarti delle seppie e piselli?
“Be’, prendiamoci almeno una insalata”.
“Mi sembra il minimo.”
“Cazzo, una vita!”
“Eh, sì” rispose.
“Che dici? Com’è?” attaccai. D’altra parte Ben è uno che difficilmente si concentra per più di dieci secondi. Avrà detto miliardi di volte che ha il disturbo dell’attenzione. Sarà.
“Bene. Sai che mi sono allascato?”
“Allascato?”, lo fissai perplesso.
“Sì, Giulia. Finita! Boh… sarà un anno e mezzo… sta con uno divorziato… c’avrà sopra cinquanta anni: venti più vecchio di lei. Pensa un po’!”.
Feci sì con il capo lasciando immaginare un “niente di nuovo”.
Gli domandai “E tu?”
“Sto con Asia: è un ‘95. Non ci sta con la testa: una furiosa! È un annetto che stiamo insieme… insieme… si fa per dire… e adesso se ne vola per Birmingham.”
“Birmingham?”,.
Annuì allargando le braccia.
“Vedremo” fece scattando. “E da ieri mi hanno pure revocato nuovamente la patente. Ti ricordi dell’incidente di quella volta, no? Sono pure a piedi. Non so nemmeno come cazzo andarci a lavorare”.
“E al lavoro?”
“Bene. Tiro su tremila euro al mese. Ma giro l’Italia come una trottola partoriente. E quello sarebbe anche il meno. Il problema sono le stecche”.

“Stecche?”

“Eh, no? Per vendere i nostri prodotti nei supermercati devi dare delle stecche”. E abbassando la voce e guardandosi attorno “Duemila a uno. Quattromila ad un altro. Vuoi avere uno spazio tre per due in quel supermercato dove esporre e vendere i tuoi prodotti? Portati a cena il buyer e poi fagli trovare una busta con un po’ di cash. Altrimenti hai voglia a piazzarli i tuoi prodotti là dentro.”
“Eh, sì” cercai di capire.
“Dai lasciamo perdere. Non parliamo di lavoro che ho appena cominciato le ferie. Lo sai che sono trecento?”
“Trecento?”
“Esatto. Martedì scorso alle ventuno e trentacinque. Le prostitute non contano.”, sorrise strizzando l’occhiolino.
“Trecento!” esclamai “robe grosse”.
Gli venne fuori un ghigno di soddisfazione. “Ovviamente senza considerare quelle pagate.” E mentre inviava un messaggio “Be, quelle pagate non l’ho mai contate. Solo messe nel conto dell’azienda. Nella richiesta di rimborso oltre alla stanza dell’hotel e un pranzo ci facevo entrare anche la ragazza in camera”.
“Mentre stavi insieme a Giulia?” chiesi provando ad insinuare il tarlo morale (che figlio di puttana che sono!).
“Sì, che c’entra? Ovvio… ma tanto quella erano solo delle seghe travestite”.
“Seghe travestite?”.
“E no?!”
Stavamo facendo la scarpetta quando una decina di carabinieri entrò dentro il ristorante per prendersi un caffè. Ben si agitò e prese il telefono per mandare dei messaggi.
“Tutto a posto?”
“Sì, sì. Devo solo avvisare Cla di aspettare prima di raggiungerci”.
“Perché?”, domandai stupito, ma non tanto.
“Come perché? Non li vedi?”
“Certo che li vedo. E allora?”
“Cla mi deve portare 5 grammi di cristalli”.
“Cristalli?”
“Sì, cristalli. Forse è meglio che stia ancora lì ad aspettarci.”
“Sì, forse è meglio!”

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