Avevo
lavorato tutto il sabato pomeriggio. Con Boubacar, un mio amico ingegnere nato
in Italia ma di origine senegalese, emigrato anche lui qui a Bruxelles, c’eravamo
squillati più volte per accordarci per la cena.
“Ti
devo assolutamente raccontare una cosa”, mi aveva annunciato elettrizzato.
Ero
curioso.
Alla
cena, poi, avevano deciso di unirsi anche la mia compagna e una sua amica.
Dopo
svariate ricerche su “the fork” alla
fine s’era optato su un greco a due passi dal “parvis” di Saint Gilles, famoso per le “petits os”. Avevo attraversato tutta
avenue de Stalingrad osservando i caffè che
sembravano gay club, mentre la frutta e la verdura venivano nuovamente riposte all’interno
dei negozi.
Al
ristorante l’atmosfera era quella del sabato
sera: confusione e gente dappertutto.
A
tavola mi siedo accanto a Bouba mentre dall’altro
lato si mettono la mia compagna e Sofia, una sua amica della provincia di
Bologna. Il tempo di ordinare e attacco:
“Be’… ‘sta cosa che dovevi raccontare?”
Era
un fiume in piena.
Ci racconta che è qualche settimana
che esce con una tipa conosciuta su Parship.
“Parship?”
Facciamo
noi in coro.
“Non
sapete cos’è?”
Scuotiamo la testa.
“Conoscete Tinder, immagino”, fa
lui.
“Sì… più o meno…”, rispondo io,
mentre la mia compagna mi rivolge uno sguardo interrogativo.
“Parship è un sito per incontri. Ma
per persone esigenti.”
“Wow” esclama la mia compagna.
“Siamo tutte esigenti”, fa Sofia,
sorridendo e sistemandosi i capelli.
“Mi sono stancato di stare dietro a
mezzi appuntamenti con mezze persone con cui poi, alla fine, non hai un cazzo
in comune”.
Annuiamo.
“Come funziona?”, fa Sofia,
nuovamente single da qualche settimana.
“Funziona che t’iscrivi, fai un test
psicologico e poi ti paghi la tua quota: ci possono volere anche cinquecento euro
all’anno. Ma sono soldi ben investiti! Credetemi.”
“Un
botto!”, esclamo io mentre Sofia diventa bianca in volto e domanda: “scusate,
dov’è il bagno? Non mi sento tanto bene”.
“Ehi… che succede? Tutto bene? Posso
aiutarti?”, fa la mia compagna.
“No, no, non preoccuparti. Non mi
sento molto bene. Ho solo bisogno di un bagno: sapete dov’è?”
“No, andiamo a vedere, forse è lì
dietro” dice la mia compagna indicando una porta sul retro.
Siamo
ancora mezzi sbigottiti dal malore di Sofia, quando Bouba riprende infuocato “Parship
rispetto a Tinder taglia fuori un sacco di gente: certo ci devi mettere sopra del “cash”. Non è che se lo possono
permettere tutti.”
“Altrimenti
va a finire come su Tinder: ci sta il mondo. E poi lo sanno tutti: su Tinder ci
vai per scopare; su Parship no”.
“Prendi per esempio ‘sta tipa con
cui sto uscendo ora: mi piace a bestia! È colta, sofisticata, parla quattro lingue.
Pensa un po’…”, Bouba ormai non sta sulla pelle, “io avevo messo, tanto per
dire, che mi sarebbe piaciuto parlasse anche wolof; e sai che cosa è successo? Ho
trovato una tipa che ha fatto la cooperante in un progetto non lontano da Dakar
e s’è pure imparata la mia lingua. E poi è ingegnere come me. È una che fuma solo il fine settimana come me. E poi le piace svegliarsi presto il week end come me. È esattamente come la volevo
io.”
“Come funziona ‘sta cosa?, mi
spieghi”.
“Guarda… tu devi mettere una serie
di filtri. Per esempio, a te come piacerebbe?”
“Be’… va be’… io sono a posto.”
“Sì sì… questo lo so… facevo solo
per dire.” È inarrestabile “io per esempio ci ho messo: deve parlare almeno tre
lingue; piacer fare le passeggiate; volere i figli; leggere almeno dieci libri
all’anno; essere vegetariana, ma non troppo; fare la raccolta differenziata; non deve avere l’alitosi; andare
d’accordo con i suoceri.”
“Una marea di filtri”, scuoto la
testa.
“Parship
è per professionisti esigenti. Mica per cazzoni come te” e rifacendosi serio “su
Parship non ti può succedere nulla. Tranne che d’innamorarti.”
“Sì… di te stesso!”, faccio io e poi “ma che fine hanno fatto le ragazze?”