venerdì 8 marzo 2019

42. Sui contrattempi che ti fanno sentire sfigato come la morte (seconda parte)




“Lei non ci crederà ma ho la macchina chiusa con le chiavi dentro. Non mi domandi come ho fatto che non ne ho la più pallida idea” gli dico dopo essermi avvicinato a lui.
Si accosta all’auto, butta un occhio dentro e scuote la testa come a dire “mai vista una cosa del genere!”
Condivido, cercando un po’ di conforto.
“E adesso?”, lo imploro.
“Ma è una macchina affittata?”, domanda lui sorpreso, osservando la targa.
“Sì, perché?”
“Be’… se la deve portare a gare du Midi… io lavoro all’agenzia “Paylesstomorrow”. Come si chiama la sua?”
Storm car hire.
“Ah… perfetto. Sono vicine. Posso passarci e dire del suo problema. Se mi dà il numero di telefono…”
“Il mio?”
 “Be’… certo… così… così la faccio chiamare.” “Comunque…”, mi suggerisce, “forse converrebbe… levare il tubo della benzina e spostare l’auto da qui in mezzo, che dice?; e magari metterla in un posto che non dia fastidio, tipo là”, e mi indica uno spazio accanto ad una vetrina che scopro poi essere un bar.
Riposiziono l’erogatore della benzina sulla colonnina, spingiamo la macchina, gli lascio il numero e il tipo svanisce.

Passate da poco le cinque. E il pomeriggio che profumava di primavera ora puzza d’inverno pesto.

Decido di entrare al bar. La barista, attraente e disinvolta, si mostra indaffarata; troppo indaffarata, anche in considerazione del numero di clienti pari a uno.
Mi chiede cosa voglio.
Ho voglia di vino rosso.
Mostra orgogliosa una bottiglia lasciandomi intendere che si tratti di una riserva, la apre e me ne fa assaggiare un sorso. Le confermo che va bene. La scena mi sembra surreale: ho altro per la testa.
Mi siedo su un trespolo, guardo degli uomini che armeggiano su dei flipper mentre la barista pigia su un telecomando per proiettare, su uno schermo impiccato sul soffitto, della musica in francese che parla d’amore.

Non ascolto più: mi estranio.

“Metà maggio. Ultimi compiti in classe e ultime interrogazioni. Ancora in bilico se essere rimandato o meno. Hai scelto di giocare con la sorte. Sei entrato alla seconda ora. Ti sei fatto interrogare di scienze. E poi sei uscito per evitare il compito di latino falsificando il registro delle presenze. Ti hanno scoperto. Hanno deciso di farti ripetere la terza.”
Cacahuètes?”
Monsieur, vous voulez les cacahuètes?
Monsieur?
Oh… oui, merci!
Sorseggio un po’ di vino rosso e prendo due arachidi mentre i tizi continuano a chiedersi se il vetro sul flipper vada montato così o cosà.

Smetto nuovamente di ascoltare: mi assento.

“Novembre…”
“Ma quella cazzata non l’ho fatta io!”
“Ok. Piena estate. Macchina sgangherata: il più delle volte per poterla muovere, data la tua cronica penuria di denaro, dovevi dividere la benzina con gli amici. Ne hai messa un po’ e sei partito. Guidavi rapido. Dosso: hai premuto ancora di più sull’acceleratore. Ma non vedevi, nascosta dal dosso, una lunga fila di macchine. Troppo veloce per non fare filotto. Terrore. Hai sterzato e ti sei imbucato nell’altra corsia. Ti sei arrestato a tanto così da un signore con uno scooter. In macchina silenzio funereo. Ma eravate salvi.”
Monsieur, vous voulez encore les cacahuètes?”
No madame, merci.”
Cazzo, il cellulare!
“Salve signore: è lei che ha la macchina chiusa con le chiavi dentro?”
“Sì, sono io”.
“Bene. O meglio, male. Lei ha due sole possibilità.”
“Me le dica pure: sono pronto!”

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