“Come dicevo lei ha due possibilità: la prima, trova
un modo per riportare l’automobile al deposito. Oppure… le inviamo noi un carro
attrezzi. Veda lei.”
“E quanto mi costerebbe?”
“Trecento euro!”
Silenzio.
Tendo ad essere prudente: quando avevo noleggiato la
macchina avevo anche deciso di fare
una di quelle assicurazioni integrative: quali condizioni avrò sottoscritto?
Ci sono!
“Ho l’assicurazione e potrei rompere il vetro cosi
recupero le chiavi, che dice?”
“È un’opzione: ci rifletta; tanto il carro attrezzi
non potrà arrivare prima delle otto e mezza.”
Riattacca.
La mia compagna mi suggerisce di provare con un
altro.
Ottima idea: chiamo subito.
Arriva in
venti minuti, dice; e risolve il problema con cento euro. Ovviamente non arriva in
venti minuti e sono quasi le sette e mezza quando noto un carro attrezzi traballante
avvicinarsi.
Al tizio dico delle chiavi e lui “no, «chef», non posso fare nulla: potresti averla
rubata.”
Sto per bestemmiare.
“Lo so… non l’hai rubata. Ma in casi come questo dobbiamo
avvisare la polizia.”
“Sì, vabbe'…” penso.
La luce dei fanali si fa sempre più fioca. Sta
andando giù la batteria. Si attivano i tergicristalli: ci guardiamo stupiti.
Mah.
Chiamo l’agenzia: è chiusa!
Mi squilla il cellulare: è l’agenzia; porgo il
telefono al tipo. Ok, proviamo ad aprirla, mi dice, ripassandomelo. Lo guardo
speranzoso.
Va verso il
camion e torna con un materassino di gomma resistente simile, tanto per capirci,
a quello che uno usa a mo’ di cuscino quando vuole dormire in aereo. Lo infila
tra lo sportello e il tetto e comincia a gonfiarlo con una pompetta fissata
all’estremità.
“Ma tu facevi il ladro d’auto?”, e lui mi sorride
mostrandomi i denti con l’apparecchio. “Un attimo”, e si riallontana verso il camion.
Ritorna con un’asta di ferro “«chef…» il prezzo cambia… fanno centottantacinque euro.”
“Basta che apri ‘sta cazzo di macchina” penso acconsentendo.
Infila l’asta nello spazio ricavato tra il tetto e
lo sportello e prova ad arpionare la maniglia giù in basso. Sospira. Impossibile
beccare la maniglia e l’asta più che di ferro sembra di carta tanto difficile è
manovrarla. Prova e riprova e… click: lo sportello si sblocca.
Esulto.
Prende i cavi per la batteria, li collega e rimetto in
moto. Sto per partire… ‘orca troia devo fare benzina!
“Posso pagarti con la carta?”
Mi fa no con la faccia, dispiaciuto.
Ci sono dei bancomat dentro gare du Midi, suggerisco.
Partiamo e scopro che sono fuori uso tutti e tre ed ho un solo desiderio:
liberarmi della macchina. Altro giro, ritiro e finalmente consegno il pattuito.
Volo al parcheggio: il box della Storm
car hire è chiuso.
Salgo per lasciare le chiavi nella cassetta quando
vedo l’ufficio ancora aperto.
“Vuole fare il «checkout»
ora?” mi domanda l’asiatico.
Scendiamo.
Apre l’abitacolo, accende il quadro e controlla che la
benzina sia “full”. Perlustra la
macchina e constata che non ci sono danni.
“Posso
andare?”
Intravedo la
luce fuori dal tunnel.
“Sì… ah… un
attimo: a che ora andava riconsegnata?"
“Alle
diciotto.”
“Be’… sono le
ventuno passate.
Dovrei
farle pagare un altro giorno.”
Non
replico.
“Lasciamo perdere: chiudiamola qui questa storia” mi
dice.
Sono libero.
Do un occhio alla “app” della Stib: ho il tram fra
due minuti. Corro. Il display alla fermata mostra le due freccette che ne indicano
l’arrivo. È appena passato, ovviamente.
Oggi è così,
ormai.
Mi dirigo verso la metro. Ricordavo di avere ancora
qualche biglietto sulla “MoBIB” ma invece “Solde
zero”.
Carico nuovo carnet, scendo e attendo. Arriva la
metro, ci salgo: sono morto. Non ho più voglia né di Tokyo né di Berlino ma
soltanto del divano.
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