venerdì 15 marzo 2019

41. Sui contrattempi che ti fanno sentire sfigato come la morte (terza e ultima parte)




“Come dicevo lei ha due possibilità: la prima, trova un modo per riportare l’automobile al deposito. Oppure… le inviamo noi un carro attrezzi. Veda lei.”
“E quanto mi costerebbe?” 
“Trecento euro!”
Silenzio.
Tendo ad essere prudente: quando avevo noleggiato la macchina avevo anche deciso di fare una di quelle assicurazioni integrative: quali condizioni avrò sottoscritto?
Ci sono!
“Ho l’assicurazione e potrei rompere il vetro cosi recupero le chiavi, che dice?”
“È un’opzione: ci rifletta; tanto il carro attrezzi non potrà arrivare prima delle otto e mezza.”
Riattacca.
La mia compagna mi suggerisce di provare con un altro.
Ottima idea: chiamo subito.

Arriva in venti minuti, dice; e risolve il problema con cento euro. Ovviamente non arriva in venti minuti e sono quasi le sette e mezza quando noto un carro attrezzi traballante avvicinarsi.

Al tizio dico delle chiavi e lui “no, «chef», non posso fare nulla: potresti averla rubata.”
Sto per bestemmiare.
“Lo so… non l’hai rubata. Ma in casi come questo dobbiamo avvisare la polizia.”
“Sì, vabbe'…” penso.
La luce dei fanali si fa sempre più fioca. Sta andando giù la batteria. Si attivano i tergicristalli: ci guardiamo stupiti. Mah.
Chiamo l’agenzia: è chiusa!
Mi squilla il cellulare: è l’agenzia; porgo il telefono al tipo. Ok, proviamo ad aprirla, mi dice, ripassandomelo. Lo guardo speranzoso.

Va verso il camion e torna con un materassino di gomma resistente simile, tanto per capirci, a quello che uno usa a mo’ di cuscino quando vuole dormire in aereo. Lo infila tra lo sportello e il tetto e comincia a gonfiarlo con una pompetta fissata all’estremità.

“Ma tu facevi il ladro d’auto?”, e lui mi sorride mostrandomi i denti con l’apparecchio. “Un attimo”, e si riallontana verso il camion.
Ritorna con un’asta di ferro “«chef…» il prezzo cambia… fanno centottantacinque euro.”
“Basta che apri ‘sta cazzo di macchina” penso acconsentendo.
Infila l’asta nello spazio ricavato tra il tetto e lo sportello e prova ad arpionare la maniglia giù in basso. Sospira. Impossibile beccare la maniglia e l’asta più che di ferro sembra di carta tanto difficile è manovrarla. Prova e riprova e… click: lo sportello si sblocca.
Esulto.
Prende i cavi per la batteria, li collega e rimetto in moto. Sto per partire… ‘orca troia devo fare benzina!
“Posso pagarti con la carta?”
Mi fa no con la faccia, dispiaciuto.
Ci sono dei bancomat dentro gare du Midi, suggerisco.
Partiamo e scopro che sono fuori uso tutti e tre ed ho un solo desiderio: liberarmi della macchina. Altro giro, ritiro e finalmente consegno il pattuito. Volo al parcheggio: il box della Storm car hire è chiuso.
Salgo per lasciare le chiavi nella cassetta quando vedo l’ufficio ancora aperto.
“Vuole fare il «checkout» ora?” mi domanda l’asiatico.
Scendiamo.
Apre l’abitacolo, accende il quadro e controlla che la benzina sia “full”. Perlustra la macchina e constata che non ci sono danni.

“Posso andare?”
Intravedo la luce fuori dal tunnel.
“Sì… ah… un attimo: a che ora andava riconsegnata?"
“Alle diciotto.”
“Be’… sono le ventuno passate.
Dovrei farle pagare un altro giorno.”
Non replico.

“Lasciamo perdere: chiudiamola qui questa storia” mi dice.
Sono libero.
Do un occhio alla “app” della Stib: ho il tram fra due minuti. Corro. Il display alla fermata mostra le due freccette che ne indicano l’arrivo. È appena passato, ovviamente.

Oggi è così, ormai.

Mi dirigo verso la metro. Ricordavo di avere ancora qualche biglietto sulla “MoBIB” ma invece “Solde zero”.

Carico nuovo carnet, scendo e attendo. Arriva la metro, ci salgo: sono morto. Non ho più voglia né di Tokyo né di Berlino ma soltanto del divano.



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