Se
c’è una cosa che mi ha sempre stupito di Bruxelles è la
quantità di eventi, conferenze, seminari, tavole rotonde, summit ma anche “breakfast conference”,
“lunch conference” e “appetizer meeting”. Lo so sarò
provinciale ma tutte queste conferenze mi danno alla testa. Rimango lì a bocca
aperta con l’insormontabile difficoltà di scegliere a quale andare a fare la claque.
E finisco così per recarmi alla prima che capita
come ho fatto l’altro giorno.
Il
commissario uscente, un uomo alto e massiccio, era pronto a fare la sua
allocuzione attesa con trepidazione da tutti tranne che da se stesso con la
testa persa chissà dove. Forse al passato, quando
cinque anni prima cominciò questa avventura istituzionale.
Discorso.
Applausi.
L’ex
commissario europeo nonché ex Presidente del Consiglio e attuale senatore a
vita e presidente dell’università Bocconi (più, immagino, qualche altro
centinaio di incarichi) Mario Monti, fresco di ruzzolone all’aeroporto, che
illustrava le ragioni per cui una attenta politica di finanza pubblica sia
importante per un paese, qualsiasi paese.
Applausi.
Il
migliaio di partecipanti giunti da ogni angolo d’Europa
affollava la grande sala sulle cui pareti, ormai l’ho visto più e più volte,
venivano proiettate immagini rassicuranti simili a fiabe che la mamma ci
leggeva prima di addormentarci con una bacio sulla fronte. E ‘sticazzi se a notte
fonda i peggiori incubi trasportati, attraverso il cosmo, dal vento solare e direttamente
precipitati dentro la cameretta ci facevano svegliare urlanti e con il cuore in
gola.
All’ingresso
signorine poliglotte controllavano il codice QR per verificare non fossi un
impostore così da consegnarmi in un secondo momento i gadget dell’evento che
quest’anno, chissà perché, ricordavano i “Fridays for future” e il loro
obbligo morale di proteggere l’ambiente.
Sarà.
Che
poi con i gadget che strizzano l’occhio ai “Fridays
for future” c’è sempre il complicato dubbio, terminato l’evento, la
conferenza, il seminario, la tavola rotonda, il summit ma anche la “breakfast conference”,
il “lunch conference” e
l’“appetizer meeting”, come sbarazzarsene. Altrimenti
si finisce allo stesso modo che in “Sepolti in casa” travolti da agende, block-notes,
chiavi usb, borse di stoffa con dodici stelle dorate su sfondo blu, accatastati
in casa o in ufficio finché visti e rivisti non ci si decide a gettarli via
divorati tuttavia dal dilemma etico dello spreco. E nodimeno incuriositi sul
possibile punto di vista dei Circoli di Monaco e Gottinga sui gadget quali
specificità fenomenica della capitale europea. Con un inchino intellettuale al
maestro Guido Oldani e il suo realismo terminale.
La
capitale del Belgio è sì dunque una città di eventi ma
dove alla fin fine ciò che conta davvero è conoscere qualcuno e farsi conoscere
da qualcun’altro. Niente di nuovo, osserverà distratto un lettore.
Insomma
Bruxelles quale postribolo in cui tutti attendono sì
di conoscere la persona giusta ma anche che arrivi il momento del buffet (sulla
cui qualità variabile ci si potrebbe scrivere a lungo e che fatalmente dipende
da chi organizza l’evento) oppure quello dell’aperitivo durante il quale il
vino servito da camerieri in livrea aiuta a sciogliere la lingua e a
lubrificare i rapporti fra perfetti sconosciuti immersi in chiacchiere di puro
interesse addolcite però da parole di “small talk”
sussurrate di tanto in tanto.