“Signore!
Signore, il biglietto per favore?”
Alzai
la testa dal libro e realizzai che un omone da più
di cento kili con l’uniforme della Stib, la società che gestisce la rete dei
mezzi pubblici nella regione di Bruxelles, mi stava chiedendo di mostrargli il
titolo di viaggio. Gli dissi che l’avevo scordato a casa.
“Può scendere, per cortesia?”, mi domandò
facendo la faccia “sì, vabbè l’hai dimenticato a casa!”
Acconsentii.
La parete di controllori incollata
al marciapiede della fermata del tram suggeriva infatti caldamente di farmi
tenere un comportamento sobrio, senza inventare scuse implausibili tipo “Des
extraterrestres ont kidnappé ma carte MOBIB”.
Ci
ho sempre creduto: un insieme di avvenimenti molto
raramente ha un esito totalmente casuale. Il caso ci si ficca solo alla fine
per confondere le acque o per ricordarci, vanesio, quanto sebbene “programmiate
tutto, io invece sono qui a fottervi allegramente e a rendere le vostre
esistenze simili a lanterne cinesi che si liberano d’estate sulla spiaggia, e
che volano trasportate dalla brezza ora qui e ora là”.
Il
mio rientro dall’Italia era avvenuto da poche ore, o
meglio, ero riuscito a far salire su un volo Ryan il mio corpo e trascinarlo
riottoso fino in Belgio. Normalmente mi occorrono alcuni giorni perché questi
si adegui alle nuove abitudini, cosa che da un lato mi rende la vita un po’ difficile,
anche se dall’altra diluisce il mio ingresso nella nuova routine, mantenendomi
ancora con lo sguardo curioso per qualche giorno. Nonostante avessi visto la
differenza di temperature tra i due paesi, mi convinsi comunque a volare con i calzoni
corti assecondando più lo spirito vacanziero che quello lavorativo di
Bruxelles. All’arrivo a gare du Midi cacciai dal portafoglio la mia carta MOBIB
con quattro biglietti lasciati lì prima del break estivo. Ne obliterai
uno, come da regola, e rimisi poi nella tasca posteriore la tessera. Faccio costantemente
il biglietto quando salgo sui mezzi perché sono tendenzialmente ligio al dovere
e, in aggiunta, non ho intenzione di spaccarmi il cazzo dall’ansia, controllando
ad ogni fermata, se ci sono in attesa i culturisti della Stib in pausa
palestra.
Il
pomeriggio seguente il clima fresco brussellese mi aveva obbligato al repentino
cambio di guardaroba: pantaloni lunghi e felpa, senza temporeggiare troppo! Il
tempo soleggiato, quantunque fresco, d’altra parte mi
aveva invitato a fare una lunga passeggiata a piedi tra le vie del centro, con
una sosta per un pastis a “Le Marseillais” a Place Jeu de Balle.
Adoro
camminare e se è possibile percorro il tratto da
casa in ufficio a piedi. La strada non è poi tanta e io me la faccio con
piacere guardandomi attorno. Gli occhi sono spesso rivolti in alto cercando di
scoprire i cambiamenti che la città va attuando o individuando angoli o
dettagli che purtroppo la cecità provocata dalla routine nasconde. E cosi il tragitto
del primo giorno di lavoro si era compiuto a piedi, sia all’andata che al
ritorno.
La
mattina successiva, complice la fretta, decisi di prendere i mezzi per andare
in ufficio e, fatto assai importante, di rinnovare pure l’abbonamento
mensile. Giunto alla fermata del tram ed estratto il portafoglio scoprii con un
certo disappunto che avevo lasciato la carta MOBIB a casa e che quindi avrei
dovuto rinviare il rinnovo dell’abbonamento.
Pazienza!
Optai
di sfidare il caso facendomi forza del fatto che in tutti questi anni a
Bruxelles avevo adempiuto, senza eccezione, all’obbligo morale dell’acquisto
del biglietto e pertanto mi sentii ampiamente creditore nei confronti del fato,
e che cazzo!
A
conclusione della giornata in ufficio tornai alla fermata per riprendere
nuovamente il mezzo questa volta con destinazione casa. Controllai ancora una volta
il portafoglio per vedere se intanto la tessera MOBIB fosse ricomparsa e, non
vedendola, accettai pigramente di viaggiare privo di biglietto.
Risfidai
la sorte per una seconda volta e per di più sprovvisto
di una rete di salvataggio giù in basso: uno straccio di biglietto che avrei
potuto acquistare dal conducente e obliterarlo all’occorrenza. Niente. Ciascuna
singola azione infine si era perfettamente incastrata contribuendo, come un
puzzle, alla realizzazione del disegno del quale ero protagonista mio malgrado.
Il
proposito si compì: e hai voglia a dire al palestrato
della Stib che tutto era cominciato con un paio di pantaloni corti tuttora buttati
sul divano. Mi dispiace, mi disse: “sono 107 euro e questo sottolineato BE78096320931086 è l’IBAN
per effettuare il pagamento”.
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