venerdì 27 settembre 2019

13. Quel postribolo di Bruxelles




Se c’è una cosa che mi ha sempre stupito di Bruxelles è la quantità di eventi, conferenze, seminari, tavole rotonde, summit ma anche “breakfast conference, lunch conference” e appetizer meeting. Lo so sarò provinciale ma tutte queste conferenze mi danno alla testa. Rimango lì a bocca aperta con l’insormontabile difficoltà di scegliere a quale andare a fare la claque. E finisco così per recarmi alla prima che capita come ho fatto l’altro giorno.
Il commissario uscente, un uomo alto e massiccio, era pronto a fare la sua allocuzione attesa con trepidazione da tutti tranne che da se stesso con la testa persa chissà dove. Forse al passato, quando cinque anni prima cominciò questa avventura istituzionale.

Discorso.
Applausi.

L’ex commissario europeo nonché ex Presidente del Consiglio e attuale senatore a vita e presidente dell’università Bocconi (più, immagino, qualche altro centinaio di incarichi) Mario Monti, fresco di ruzzolone all’aeroporto, che illustrava le ragioni per cui una attenta politica di finanza pubblica sia importante per un paese, qualsiasi paese.

Applausi.

Il migliaio di partecipanti giunti da ogni angolo d’Europa affollava la grande sala sulle cui pareti, ormai l’ho visto più e più volte, venivano proiettate immagini rassicuranti simili a fiabe che la mamma ci leggeva prima di addormentarci con una bacio sulla fronte. E ‘sticazzi se a notte fonda i peggiori incubi trasportati, attraverso il cosmo, dal vento solare e direttamente precipitati dentro la cameretta ci facevano svegliare urlanti e con il cuore in gola.
All’ingresso signorine poliglotte controllavano il codice QR per verificare non fossi un impostore così da consegnarmi in un secondo momento i gadget dell’evento che quest’anno, chissà perché, ricordavano i “Fridays for future” e il loro obbligo morale di proteggere l’ambiente.

Sarà.

Che poi con i gadget che strizzano l’occhio ai Fridays for future” c’è sempre il complicato dubbio, terminato l’evento, la conferenza, il seminario, la tavola rotonda, il summit ma anche la “breakfast conference, il lunch conferencee l’“appetizer meeting, come sbarazzarsene. Altrimenti si finisce allo stesso modo che in “Sepolti in casa” travolti da agende, block-notes, chiavi usb, borse di stoffa con dodici stelle dorate su sfondo blu, accatastati in casa o in ufficio finché visti e rivisti non ci si decide a gettarli via divorati tuttavia dal dilemma etico dello spreco. E nodimeno incuriositi sul possibile punto di vista dei Circoli di Monaco e Gottinga sui gadget quali specificità fenomenica della capitale europea. Con un inchino intellettuale al maestro Guido Oldani e il suo realismo terminale.
La capitale del Belgio è sì dunque una città di eventi ma dove alla fin fine ciò che conta davvero è conoscere qualcuno e farsi conoscere da qualcun’altro. Niente di nuovo, osserverà distratto un lettore.

Insomma Bruxelles quale postribolo in cui tutti attendono sì di conoscere la persona giusta ma anche che arrivi il momento del buffet (sulla cui qualità variabile ci si potrebbe scrivere a lungo e che fatalmente dipende da chi organizza l’evento) oppure quello dell’aperitivo durante il quale il vino servito da camerieri in livrea aiuta a sciogliere la lingua e a lubrificare i rapporti fra perfetti sconosciuti immersi in chiacchiere di puro interesse addolcite però da parole di “small talk” sussurrate di tanto in tanto.


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