venerdì 1 marzo 2019

43. Sui contrattempi che ti fanno sentire sfigato come la morte (prima parte)



All’aeroporto di Charleroi alle quattro di un pomeriggio di febbraio che profumava già di primavera, avevo appena mollato sorella e nipoti in partenza per l’Italia. Pregustavo di tornare a Bruxelles, riconsegnare a gare du Midi la macchina affittata e poi via, di stacco, verso casa, dove mi attendevano con il divano, anche Tokyo, Berlino e una nuova puntata della “Casa di carta”.
Ero felice.
Ma sarebbe durato poco: solo il tempo del viaggio.
Google Maps fisso su gare du Midi scelgo Kokoroko su Spotify per accompagnarmi fino alla stazione.
Il fine settimana con i parenti era andato bene. Quando arrivano dall’Italia, com’è normale che sia, rompono un pochino la mia routine, nel bene e nel male. Non che vengano spesso. Ma quando accade mi rendono ansioso: ansia da prestazione, direi. Voglio farmi vedere che sto bene. Altrimenti che son partito a fare?
Mi sembra ovvio.
Insomma, do il meglio di me. O quantomeno ci spero. Una volta decollati, ridivento me stesso. Routine inclusa.
Giunto alle cinque al deposito della stazione per il “checkout”, un asiatico gentile mi fa notare che il carburante non è proprio allo stesso livello.

Ok… lo so… lo so che stai per insultarmi: “Oh tonto! Non lo sai? Occorre restituirla allo stesso modo! Mai affittato una macchina?”

È vero: hai ragione!
Ma giuro che quando me l'avevano data non era completamente “full”. E quindi m'ero illuso fosse possibile riconsegnarla più o meno allo stesso livello, forse un poco meno (ops… non si fa… ma ci ho provato lo stesso.)
No, non è possibile. Gentilmente, ma fermo, l’asiatico mi rende edotto delle conseguenze: la paraculata mi sarebbe costata cento euro.
Cento euro?
Sì, cento euro.
Il tipo è irremovibile. Forse è il caso di essere io removibile e di chiuderla qua senza troppe storie.
Riesco dal parcheggio con un certo giramento di coglioni lasciandoci anche quattro euro e mezzo per dieci minuti di ingresso. Mi metto alla ricerca di un benzinaio nei paraggi e due minuti dopo, tombola!, un distributore della Shell sulla strada.
Esulto.
Avevo posticipato il tutto di poco: tanto il divano sarebbe stato ancora lì, come anche Tokyo e Berlino. Poco male.
Inserisco la carta di credito, apro lo sportellino del bocchettone carburante, acchiappo l'erogatore e comincio a rabboccare il serbatoio. Be’ a quindici euro e rotti spero: “da’ un po’un occhio e vedi a che punto sei arrivato!?” Con il tubo dell'erogatore ancora poggiato nel bocchettone vado ad aprire lo sportello della macchina e giro la chiave per accendere il quadro.
'Orca troia. Non è ancora “full!” Devo metterne dell’altra. Sto lì come un palo a riflettere su ‘sta seccatura quando la macchina, sfrenata, si sposta leggermente in avanti.
Cazzo!
Esco fuori di scatto ma non so come, me lo domando tuttora, schiaccio un pulsante sulla chiave: quello che blocca le porte.
Lì per lì non ci presto troppa attenzione. Ma mentre spingo lo sportello, chiudendolo, sento il click della chiusura centralizzata e il lampeggio secco e rapido delle quattro frecce. 

In quel momento realizzo che avevo chiuso la macchina con le chiavi inserite nel cruscotto.
Scusa?
Cioè?
Davvero?
Sì, è tutto vero!
Pa-ni-co!!
Rivedo il film di tutte le cazzate che ho fatto nel tempo.
E adesso?

Faccio il giro dell’auto provando ad aprire e riaprire ogni singolo sportello. Incluso il portabagagli.
Nulla.
Riprovo facendo il giro dal lato opposto. Hai visto mai?
Zero spaccato.
Ho ancora il tubo della benzina poggiato nel bocchettone e lo sguardo fisso nel vuoto, quando vedo un signore, dall'altro lato, che mi osserva incuriosito.


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