All’aeroporto di
Charleroi alle quattro di un pomeriggio di febbraio che profumava già di primavera,
avevo appena mollato sorella e nipoti in partenza per l’Italia. Pregustavo di
tornare a Bruxelles, riconsegnare a gare du Midi la macchina affittata e poi
via, di stacco, verso casa, dove mi attendevano con il divano, anche Tokyo,
Berlino e una nuova puntata della “Casa di carta”.
Ero felice.
Ma sarebbe
durato poco: solo il tempo del viaggio.
Google Maps
fisso su gare du Midi scelgo Kokoroko su Spotify per accompagnarmi fino alla
stazione.
Il fine
settimana con i parenti era andato bene. Quando arrivano dall’Italia, com’è
normale che sia, rompono un pochino la mia routine, nel bene e nel male. Non
che vengano spesso. Ma quando accade mi rendono ansioso: ansia da prestazione,
direi. Voglio farmi vedere che sto bene. Altrimenti
che son partito a fare?
Mi sembra ovvio.
Insomma, do il
meglio di me. O quantomeno ci spero. Una volta decollati, ridivento me stesso.
Routine inclusa.
Giunto alle
cinque al deposito della stazione per il “checkout”, un asiatico gentile
mi fa notare che il carburante non è proprio allo stesso livello.
Ok… lo so… lo so che stai per insultarmi: “Oh tonto! Non lo sai?
Occorre restituirla allo stesso modo! Mai affittato una macchina?”
È vero: hai
ragione!
Ma giuro che
quando me l'avevano data non era completamente “full”. E quindi m'ero
illuso fosse possibile riconsegnarla più o meno allo stesso livello, forse un poco meno (ops… non si fa… ma
ci ho provato lo stesso.)
No, non è
possibile. Gentilmente, ma fermo, l’asiatico mi rende edotto delle conseguenze:
la paraculata mi sarebbe costata cento euro.
Cento euro?
Sì, cento euro.
Il tipo è
irremovibile. Forse è il caso di essere io removibile e di chiuderla qua
senza troppe storie.
Riesco dal
parcheggio con un certo giramento di coglioni lasciandoci anche quattro euro e
mezzo per dieci minuti di ingresso. Mi metto alla ricerca di un benzinaio nei
paraggi e due minuti dopo, tombola!, un distributore della Shell sulla strada.
Esulto.
Avevo
posticipato il tutto di poco: tanto il divano sarebbe stato ancora lì, come
anche Tokyo e Berlino. Poco male.
Inserisco la
carta di credito, apro lo sportellino del bocchettone carburante, acchiappo
l'erogatore e comincio a rabboccare il serbatoio. Be’ a quindici euro e rotti
spero: “da’ un po’un occhio e vedi a che punto sei arrivato!?” Con il tubo
dell'erogatore ancora poggiato nel bocchettone vado ad aprire lo sportello
della macchina e giro la chiave per accendere il quadro.
'Orca troia. Non
è ancora “full!” Devo metterne dell’altra. Sto lì come un palo a
riflettere su ‘sta seccatura quando la macchina, sfrenata, si sposta
leggermente in avanti.
Cazzo!
Esco fuori di
scatto ma non so come, me lo domando tuttora, schiaccio un pulsante sulla
chiave: quello che blocca le porte.
Lì per lì non ci
presto troppa attenzione. Ma mentre spingo lo sportello, chiudendolo, sento il
click della chiusura centralizzata e il lampeggio secco e rapido delle quattro
frecce.
In quel momento realizzo che avevo chiuso la macchina con le
chiavi inserite nel cruscotto.
Scusa?
Cioè?
Davvero?
Sì, è tutto vero!
Pa-ni-co!!
Rivedo il film di tutte le cazzate che ho fatto nel tempo.
E adesso?
Faccio il giro
dell’auto provando ad aprire e riaprire ogni singolo sportello. Incluso il
portabagagli.
Nulla.
Riprovo facendo
il giro dal lato opposto. Hai visto mai?
Zero spaccato.
Ho ancora il
tubo della benzina poggiato nel bocchettone e lo sguardo fisso nel vuoto,
quando vedo un signore, dall'altro lato, che mi osserva incuriosito.
Nessun commento:
Posta un commento