Trentacinque
anni compiuti da due mesi e di un lavoro come Cristo comanda non ne aveva più
memoria non so da quanto. Sua madre continuava insistentemente a chiederle
quando le avrebbe dato un nipotino e lei all’inizio le rispondeva “Ma’, ma di
che nipotino stiamo parlando che non ho nemmeno uno straccio di ragazzo!”.
Ora
aveva anche smesso di risponderle.
Un
piccolo neo a metà del naso corto e gentile, un
puntino a mezz’aria messo lì a testimoniare e a ricordarle tutti i santi giorni
il carattere sospeso della sua vita e gli occhi gatteschi tristi come quelli di
Querida, la gatta che le faceva compagnia da anni, ora malata. La frangia nera
nera arrivava a coprirle le sopracciglia ordinate mentre la piccola macchia
scura a forma di Iris capovolto sulla gamba destra sembrava ora anche più
grande, procurandole qualche imbarazzo quando accavallava le gambe bianche.
Conclusa
l’Accademia s’era impantanata con lavoretti fatti per racimolare
qualche soldo per birre e sigarette giacché insieme ad altri aveva squattato un
vecchio edificio fuori uso poco lontano dal centro della città.
Ma
dalla fine dell’Accademia erano passati quasi dieci
anni e all’orizzonte non solo non c’erano un ragazzo con cui vivere e il
nipotino che mamma desiderava, ma neanche un fottuto lavoro con cui pagare ora l’affitto
mensile.
Una
vita di cacca, pensava.
L’unica
consolazione erano quei duecento euro che le erano rimasti da una parte guadagnati
alla bell’e meglio affittando su Airbnb
il mini appartamento dove viveva costringendola a farsi ospitare per una
settimana da Maddi, la sua amica di sempre.
Sai
che culo, duecento euro! E tra una decina di giorni toccava pure sborsare
nuovamente i soldi per l’affitto.
Prese
la piccola macchina a metano e si fermò al primo
bar e si fece alcune birre fumando una sigaretta dietro l’altra. Voglia di
tornarsene a cuccia zero e l’alcool inoltre aveva cominciato a fare il suo
piacevole effetto. Riprese la macchina facendo alcuni giri a vuoto indecisa e,
come sempre, alla fine piombò sul solito bar lì lì che stava per tirare giù le
saracinesche. Il barista non le dispiaceva affatto ma aveva presto intuito che
non c’era storia. Troppo giovane.
Cazzo,
non voleva rimorchiare cosi, a matto.
I
ragazzi non le erano mai mancati. E volendo bastava
che si fosse piantata un po’ lì davanti al bancone e se non fosse stato stasera
sarebbe stato domani.
Ma
per cosa?
Una
scopata? Anche no, scosse la testa.
Dopo
aver ordinato una vodka secca si accovacciò su uno sgabello all’esterno
a rollarsi del tabacco. Un tipo intanto le s’era avvicinato chiedendole se avesse
da accendere. Cacciò l’accendino dalla tasca e glielo diede facendogli capire
di non tirarla molto per le lunghe.
Scolò
subito il bicchiere e si alzò per andare a chiederne un’altra.
“Me ne fai un’altra, per favore?” e
aggiunse perentoria “doppia!”.
Tre
minuti dopo era già in macchina verso casa. Girò le
chiavi sulla toppa e si voltò allarmata là dove lei era sempre accucciata. Non
dava segni di vita. Si mise a piangere mentre il dolore per la morte di Querida
le veniva su direttamente dallo stomaco.
Accese il
PC e finalmente decise: un biglietto di sola andata per Pamplona.
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