venerdì 2 agosto 2019

21. La libertà e la mosca azzurra




Mentre scarpinavo giù piano piano, con lo zaino pesante quanto un vecchio finale "Crest Audio", per arrivare sulla spiaggia deserta dove avrei campeggiato, mi continuavano a venire a mente uno dei tanti lavori che avrei voluto fare e Walden.
Alla fine quel lavoro, e molti altri ancora, non l’avevo mai fatto poiché tendo a seguire la linea di minor attrito; e non so sia stato un bene o meno. E a Walden ripensavo solo ora, dopo secoli, perché ogni volta che si fa del campeggio solitario ci si sente ridicolmente lui.

Un po’ libero.

Insomma, avevamo preparato tutto quello che serviva in vista di un paio di notti di campeggio selvaggio in una spiaggia poco affollata nell’Adriatico. La lista della sopravvivenza era stata preparata meticolosamente tenendo conto dei bisogni di persone abituate a vivere in grandi città, senza ovviamente dimenticare lo spray contro le zanzare e il materassino perché la sabbia è dura.
Tutto il possibile. Anche se il possibile si scontra sovente con il reale e con il peso che l’accompagna. E per gonfiare il materassino occorreva una pompa ordinata su Amazon arrivata giusto prima della partenza.
Come funzionano queste interfacce di conversione?, mi chiesi intanto che le osservavo sperando qualcuno avesse inserito un manuale delle istruzioni tipo quelli di Ikea.
Nessuna idea! Altro che Walden: uno sfigato cittadino che manco una semplice pompa sapeva far funzionare.
Prendemmo il lungo sentiero per scendere ed io continuavo ad interrogarmi sull’esistenza di un Walden d’inizio millennio. Be’, mi consolai, non ne sarei stato capace nemmeno allora; figuriamoci adesso, connessi all’inverosimile.
Che stelle saranno mai quelle? Lanci Sky Map e ti dice che è la costellazione di Cassiopea. E la curiosità è presto risolta. Ma già la volta successiva avrai dimenticato la sua posizione. E la ricercherai.

Senza memoria.

Chiedendoti nuovamente il nome di quel gruppo di stelle con la forma a W e scoprirai che si tratterà della stessa Cassiopea. Una nuova scoperta che sarà priva del ricordo della vecchia scoperta. Perché ricordare presuppone attenzione e, nell’eterno presente costituito da impulsi continui a caccia di attenzione, non sempre ciò è alla portata di tutti.
A metà discesa incontrai un vecchio amico che non vedevo da anni e che tempo prima faceva l’ambulante girando in lungo e largo i mercati della provincia vendendo articoli che comprava in India. E del suo lavoro, che una volta avrei voluto fare anche io, amavo il senso di libertà che l’accompagnava che veniva dall’essere oggi qui e domani lì. La stessa libertà che può offrirti una spiaggia vuota su cui stai campeggiando selvaggiamente.
Intorno a mezzanotte entrai in tenda dopo aver cenato con una cosa che c’eravamo preparati a casa da persone diligenti. E crollai subito dal sonno.
Ad un certo punto questa si riempì di migliaia di larve di mosche azzurre. Dappertutto. Mi domandai sgomento come fossero entrate, da dove fossero comparse; un attimo prima non c’erano. Ora erano lì.

Un esercito di larve.

Provai ad ucciderne alcune. Ma rinascevano. Erano distese su ogni angolo. Eccole lassù, in alto, sul punto in cui si trovava la retina bianca che permette all’aria di entrare. Colma di larve.
Dio mio!!, cominciai ad urlare.
Mi voltai e vidi che Tina, accanto a me, dormiva e il suo respiro leggero e costante mi aveva immediatamente tranquillizzato.

Chissà dov’erano scomparse tutte quelle larve che hanno bisogno della merda per poter evolversi.


Nessun commento:

Posta un commento