Mentre
scarpinavo giù piano piano, con lo zaino pesante quanto
un vecchio finale "Crest Audio", per arrivare sulla spiaggia deserta dove avrei campeggiato, mi
continuavano a venire a mente uno dei tanti lavori che avrei voluto fare e
Walden.
Alla
fine quel lavoro, e molti altri ancora, non l’avevo
mai fatto poiché tendo a seguire la linea di minor attrito; e non so sia stato
un bene o meno. E a Walden ripensavo solo ora, dopo secoli, perché ogni volta
che si fa del campeggio solitario ci si sente ridicolmente lui.
Un
po’ libero.
Insomma,
avevamo preparato tutto quello che serviva in vista di un paio di notti di
campeggio selvaggio in una spiaggia poco affollata nell’Adriatico.
La lista della sopravvivenza era stata preparata meticolosamente tenendo conto
dei bisogni di persone abituate a vivere in grandi città, senza ovviamente
dimenticare lo spray contro le zanzare e il materassino perché la sabbia è
dura.
Tutto
il possibile. Anche se il possibile si scontra sovente con il reale e con il peso
che l’accompagna. E per gonfiare il materassino occorreva una pompa ordinata su
Amazon arrivata giusto prima della partenza.
Come
funzionano queste interfacce di conversione?, mi chiesi intanto che le osservavo
sperando qualcuno avesse inserito un manuale delle istruzioni tipo quelli di
Ikea.
Nessuna
idea! Altro che Walden: uno sfigato cittadino che manco una semplice pompa
sapeva far funzionare.
Prendemmo
il lungo sentiero per scendere ed io continuavo ad interrogarmi sull’esistenza
di un Walden d’inizio millennio. Be’, mi
consolai, non ne sarei stato capace nemmeno allora; figuriamoci adesso,
connessi all’inverosimile.
Che stelle saranno mai quelle? Lanci
Sky Map e ti dice che è la costellazione di Cassiopea. E la curiosità è presto
risolta. Ma già la volta successiva avrai dimenticato la sua posizione. E la
ricercherai.
Senza
memoria.
Chiedendoti
nuovamente il nome di quel gruppo di stelle con la forma a W e scoprirai che si
tratterà della stessa Cassiopea. Una nuova scoperta
che sarà priva del ricordo della vecchia scoperta. Perché ricordare presuppone attenzione
e, nell’eterno presente costituito da impulsi continui a caccia di attenzione, non
sempre ciò è alla portata di tutti.
A
metà discesa incontrai un vecchio amico che non vedevo da anni
e che tempo prima faceva l’ambulante girando in lungo e largo i mercati della
provincia vendendo articoli che comprava in India. E del suo lavoro, che una
volta avrei voluto fare anche io, amavo il senso di libertà che l’accompagnava che
veniva dall’essere oggi qui e domani lì. La stessa libertà che può offrirti una
spiaggia vuota su cui stai campeggiando selvaggiamente.
Intorno
a mezzanotte entrai in tenda dopo aver cenato con una cosa che c’eravamo
preparati a casa da persone diligenti. E crollai subito dal sonno.
Ad
un certo punto questa si riempì di migliaia di larve
di mosche azzurre. Dappertutto. Mi domandai sgomento come fossero entrate, da
dove fossero comparse; un attimo prima non c’erano. Ora erano lì.
Un
esercito di larve.
Provai
ad ucciderne alcune. Ma rinascevano. Erano distese su ogni angolo. Eccole lassù,
in alto, sul punto in cui si trovava la retina bianca che permette all’aria di
entrare. Colma di larve.
Dio
mio!!, cominciai ad urlare.
Mi
voltai e vidi che Tina, accanto a me, dormiva e il suo respiro leggero e
costante mi aveva immediatamente tranquillizzato.
Chissà dov’erano scomparse tutte quelle larve che hanno bisogno
della merda per poter evolversi.
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