venerdì 10 maggio 2019

33. Come evitare di pagare il secondo bagaglio con Ryanair (seconda parte)





Le settimane erano volate e inevitabilmente era arrivato anche il 6 maggio e come m’ero ripromesso, infatti, per questa data avrei anche io provato ad evitare di pagare il supplemento per il secondo bagaglio con Ryanair.
Avevo trascorso in Italia la Pasqua e il 25 aprile e temporeggiato ancora qualche giorno dal momento che un amico di Bruxelles si sarebbe sposato di lì a poco. Ma ‘sta cosa del secondo bagaglio stava ancora lì appesa e, d’altra parte, quando acquistai il biglietto aereo avevo volutamente tralasciato di comperare anche il secondo bagaglio: ero pronto quasi a tutto.

Il volo era programmato per le 18.30 e dunque avevo tutto il tempo per fare le cose che vanno fatte prima di partire: uno pensa sempre di avere del tempo e perciò rimanda; finché, giunto il momento della partenza, si scopre l’insufficienza del tempo a disposizione. Ma questa è un’altra storia.

Arrivato in aeroporto passo il controllo di sicurezza e tira via il computer, tira via le chiavi, tira via la sciarpa. Perché suona ancora? Tira via la cintura. Suona ancora. Tira via le scarpe. Sono pronto per attendere con santa pazienza il momento dell’imbarco e quando arriva l’ultima chiamata per Charleroi mi alzo e mi avvicino al banco. Rispetto all’ultima volta non c’è purtroppo il mio amico. C’è invece una coppia di tipe. Ogni tanto vengono a raccattare qua e là i passeggeri dispersi fra toilette e bar urlando “Charleroi? Charleroi?”. Ed eccomi che mi presento. La tipa, quella più arcigna, dopo aver scrutato i miei due bagagli e controllato la carta di imbarco sul mio telefono esordisce: “lei non ha la priorità e nemmeno il secondo bagaglio”.

“Esatto”, faccio io. “L’ultima volta i suoi colleghi mi dicevano che Ryanair aveva dato disposizione comunque di imbarcare anche il secondo bagaglio” aggiungendo a bassa voce “anche senza averlo pagato”.

“È vero”, replica lei scocciata, “ma dal primo di maggio è cambiato tutto nuovamente. E ora si paga”, conclude perentoria.
“Bene. Quant’è?”.
“Sono venti euro”.
“Perfetto. L’importante che mi dia la ricevuta”.
“Ovvio. Lei può pagare in contanti?”
“No, mi dispiace; non ho contanti”.
“Non ha venti euro?”, incredula.
“No”.
“Ok. Quindi paga con la carta, giusto?”
Confermo con il capo.
L’aereo ha ormai imbarcato quasi tutti i passeggeri mentre lo sportello posteriore viene lentamente chiuso e la scala mobile portata via.
“Mah…”, fa l’arcigna all’altra “mi pare che il bancomat è qualche giorno che non funziona, comunque chiama un po’ Marianna e senti se porta la macchinetta per fare il pagamento”.
Attendo. So che il tempo in questo caso gioca a mio favore.
“Mari, scusa, c’è qui un passeggero che deve pagare venti euro, puoi portare la macchinetta? Grazie. Ti aspettiamo, siamo all’uno. Sbrigati, però, che ormai non c’è più nessuno e c’è rimasta solo questa persona” conclude appoggiando la cornetta del telefono.
Aspetto. Capisco che il tempo scorre. Le due tipe si lanciano occhiate interlocutorie. Quando vedo l’ultimo passeggero salire la scala anteriore e sparire dentro mi avvicino alla porta vetrata e butto un occhio in direzione dell’aereo, mentre sento dall’altra parte le tipe dire “ché poi tutte le priorità sono terminate. Anche volendo, come facciamo a mandarlo su con il secondo bagaglio ma senza la priorità?”
Qualcosa sta per muoversi; a mio vantaggio. Ma attendo ancora ancora qualche secondo. Non è il momento di intervenire.

“Be’, aggiungono poi le tipe “potremmo sentire il responsabile degli assistenti di volo e capire se possiamo mandarlo anche se priorità e secondo bagaglio non ci sono”.

Capisco che è il momento di farmi vedere e voltandomi “scusate, non è che mi fate perdere il volo, no?”
“No, non si preoccupi ora chiamiamo lì” fanno prendendo nuovamente la cornetta del telefono ma questa volta per comunicare con l’assistente di volo.
“Ok, può andare” fa l’arcigna e poi voltandosi verso la seconda aggiunge “ah, eccola Marianna”.
Rimango immobile mentre Marianna arriva e conferma che ha la macchinetta.
“E quindi?”, faccio io.
“Può andare” risponde sicura l’arcigna.
“Ma, scusate,” replica Marianna “ho qui la macchinetta”.
Prendo, saluto e me ne vado.

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