“Mara, mi raccomando: fai un favore
a mamma e domani mattina vacci davvero alla polizia. Non fare come il tuo
solito, va bene? ”
“Va bene… va bene… domani mattina ci
andrò presto, non preoccuparti”, disse sbuffando e chiudendo la chiamata con la
madre che si trovava in Piemonte tanto, pensava, non li riprenderò mai questi
duecentocinquanta euro che, mannaggia a me, ho versato alla tipa.
Mara
Sinclari era una giovane studentessa appena arrivata a Bruxelles per un master
all’ULB e prima di arrivare in città e di cominciare le lezioni
aveva provato a trovare una stanza condividendo nei vari gruppi su Facebook il
seguente annuncio: “Sarò a Bruxelles per ragioni di studio dai primi di
settembre 2019 e cerco una camera singola con spesa massima cinquecento euro,
tutto incluso. Contattami in PVT.” Una signora gentile con un francese
zoppicante le aveva immediatamente risposto dicendole di avere giusto giusto
una cosa fatta per lei, che costava anche meno, e in una posizione assai comoda,
chiedendole se potessero sentirsi già domani per i dettagli.
Quando
Mara arrivò di fronte al grande portone dell’edificio
della polizia di Bruxelles 1000, situato in pieno centro praticamente alle
spalle della Grand Place, normalmente presidiato da due enormi uomini in
divisa, con i vetri rettangolari sopra cui campeggiava la scritta “Division
Centrale de Police - Politie Middenafdeeeling” uno dei due poliziotti all’ingresso
le domandò cortesemente “Signorina: dove va?” ottenendo una risposta lapidaria “mi
hanno truffata e dovrei fare una denuncia. Che cosa devo fare?”
Sul
lato opposto della strada e, più precisamente, al
caffè Capital, affollato come sempre di turisti giapponesi e americani, una
signora leggeva un articolo di Jonathan Blizer sul New Yorker sorseggiando una
varietà di caffè che arrivava dalla sperduta regione di Kaffa quando, alzando
lo sguardo dal giornale, vide una ragazza bruna, alta e magra con i capelli
raccolti in una coda gesticolare con i poliziotti e poi un secondo dopo sparire
inghiottita dentro il palazzo. Mara salì infatti le poche scale che la
separavano dall’accettazione, e raccontò quanto successo alla impiegata dietro
il grosso vetro che le ordinò di compilare un modulo e poi di attendere di
essere chiamata.
“Allora ci sei andata alla polizia?”
le arrivò un messaggio su WhatsApp dalla madre al quale rispose subito
infastidita “sì, sono qui proprio ora. Ti faccio sapere quando ho finito.”
La
Divisione centrale della polizia era un via vai di persone e l’atrio,
circondato da tre porte che si aprivano e chiudevano continuamente, veniva più
volte attraversato da poliziotti alti e robusti che trascinavano ragazzi
riottosi con le manette color alluminio. “Su, sbrigatevi. Andiamo! State
vicini, così” bisbigliava un tizio in borghese con un cappello hippie ad un
nero ammanettato.
“Sinclarì” gridò una voce che giungeva
da dietro il grosso vetro dell’accettazione, “Sinclarì!” ripeté nuovamente la
voce di una donna che invitava Mara ad entrare dalla porta a destra.
“Si accomodi”, disse un poliziotto
gentile indicandole una sedia dietro una scrivania “che cosa è successo? Anzi…
mi dica prima il suo nome, la sua data di nascita e la sua residenza qui a
Bruxelles”.
“Mi chiamo Mara Sinclari e sono nata
a Cuneo il 10/10/1995 e abito a rue Franklin, 49.”
“Che cosa è successo, dunque?”
Mara
raccontò allora della signora gentile conosciuta su Facebook
e delle sue insistenze affinché le inviasse il denaro per bloccare la stanza e
disse anche delle rassicurazioni fornitele rispetto alla restituzione della medesima
casomai la stanza non le fosse piaciuta.
“E di quanto era la caparra?” chiese
scuotendo la testa il poliziotto.
“Duecentocinquanta euro”, rispose
Mara vedendo arrivare un messaggio dalla madre.
“E poi che è successo?” domandò
ancora il poliziotto voltando lo sguardo verso il computer dove annotava sconsolato
le informazioni che raccoglieva.
“Niente. Quando poi ho mandato un’amica
per vedere l’appartamento, così da decidere se prenderlo o meno, la mia amica
si è trovata di fronte solamente un vecchio palazzo diroccato. E niente altro.
Allora ho chiesto spiegazioni alla signora tramite la chat di Facebook e lei,
prima mi promise che mi avrebbe dato i soldi indietro e poi dopo un po’ ha
smesso di rispondere ai miei messaggi. Tutto qui. E ora?”
“E ora…” sospirò il poliziotto “e
ora nulla… intanto registro questa denuncia ma credo ci sia veramente poco da
fare. Ne ho sentite così tante di storie come queste: mai inviare denaro per
bloccare una stanza. Mai! Lo consiglio sempre e mi dispiace tutte le volte
sentire storie di ragazzi e ragazze come lei truffati in questo modo.”
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