venerdì 14 giugno 2019

28. Alla ricerca di un riparo sulle strade dietro gare du Nord




Non aveva chiuso occhio tutta la notte e per di più da alcune ore le era pure arrivato il ciclo. Da molto tempo aveva giurato che presto avrebbe smesso di fare quella vita. Di soldi giù al paese, come fanno tutti raccontando cazzate, ne aveva già inviati un mucchio. Ai genitori che la interrogavano sull'origine di tutto quel denaro narrava sempre la stessa storiella, avendo comunque cura di aggiungere di tanto in tanto dei dettagli che annunciassero piccoli avanzamenti di carriera: era stata assunta in un’importante impresa la cui sede lambiva la zona della “bolla europea” dove era impiegata in imprecisate mansioni di pubbliche relazioni a diretto contatto con il presidente della società; una società che operava nel campo delle comunicazioni e, non cessava mai di evidenziare, che per quella professione veniva pagata profumatamente.
Certo ogni volta che il padre le esprimeva il desiderio di farle visita dispiacendosi del fatto che erano anni che non si vedevano lei scovava immancabilmente una scusa tipo che proprio quel week-end il suo capo le aveva chiesto di accompagnarla fuori città per incontrare alcune persone con cui avrebbe dovuto negoziare cifre milionarie; e suo padre e sua madre sospirando comprendevano. Chissà se fingevano s’era domandata più di una volta. L’esito non era mai mutato tanto che i suoi non avevano mai passeggiato sul selciato della Grand Place da quando era arrivata a Bruxelles, ingannata dalla promessa di un’occupazione in un’agenzia di comunicazioni.

“Sospettavano qualcosa i suoi familiari?” si era chiesta nuovamente anche stasera mentre si passava attentamente l’eyeliner.

“Forse mamma”, s’era affrettata a rispondere con una smorfia assillante facendosi uno sbaffo sull’occhio.
Era un mercoledì sera piovoso e normalmente non è che ci fosse un gran via vai giù per le vie che chiudono il perimetro del sesso a pagamento. Uno scappato di casa, un gruppo di ragazzi eccitati in cerca della loro prima avventura da condividere in una chat segreta subito di dominio pubblico, alcuni mariti annoiati e depressi dalla routine familiare, un anziano che non scopa da una vita; cose del genere, insomma.
La pioggia scendeva fina e ostinata e le pozze d’acqua sui marciapiedi soffocavano la luce proiettata dai faretti impiccati sulle vetrine. La gente per strada camminava frettolosamente e non era dell’umore adatto per fermarsi, buttare un occhio sui prodotti esposti e decidere se gettare o meno del denaro dalla finestra. Lei allora doveva prolungarsi verso il bordo della vetrina quasi ad attraversarne il vetro gelato, così che gli infreddoliti potenziali acquirenti potessero valutare la qualità della merce e immaginare quanto avrebbero trovato dentro, una volta saliti i gradini e attraversata la porta bianca anonima.

D’altra parte, l’acqua e il freddo assieme, s’incoraggiava, erano un incentivo per fare i giusti affari.

La tristezza che veniva giù con la pioggerella induceva gli uomini intirizziti ad entrare con la speranza di cavare un po’ di calore anziché soddisfare uno sfogo provvisorio: non era solo un atto sessuale ciò che veniva inseguito quanto un’anima su cui adagiarsi anche solo per qualche istante.

L’aveva capito da tempo, Tania, il conforto che offriva al cuore screpolato degli sconosciuti che cercavano un effimero riparo sulle strade appena dietro gare du Nord.

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