“Ve
l’hanno già raccontata la storia di Jean-Pierre?”
“No”,
facemmo noi con la testa.
“No?”
replicò stupito Laurent sottolineando poi “davvero?”.
“Sul
serio” confermai e domandai incuriosito “perché?”
Era qualche mese
che ci chiedevamo quando ci saremmo concessi una vacanza.
Non sono un tipo che lavora fino
ad esaurirsi ma cerco più o meno di organizzarmi in modo da arrivare se non
dappertutto almeno dove possibile. E poi il resto va a “mañana”.
Sbrigate le formalità
per noleggiare l’auto inforcammo l’E40 con destinazione Ostende e poi da lì giù
giù fino a Calais e poi un pochino più giù per raggiungere la Côte d’Opale. Qui
avremmo spento il motore della piccola Peugeot 108 attorno alle dieci di sera sotto
un cielo grigio come un uomo aggrappato al potere da mezzo secolo e un mare che
si infrangeva violento contro la digue fatta costruire per
contenerlo. Ancora scossi dalle onde
bianche e ricciolute ci riparammo al Mona Lisa un bar con un pubblico su di
giri e su con gli anni.
La mattina dopo ci accolse un
cielo azzurro inaspettato il cui riflesso sul mare e sulle pozze d’acqua
salata sparse qua e là sulla spiaggia, rendeva onore all’aggettivo con cui
questo tratto di costa viene qualificato da chi ha avuto la fortuna di
visitarlo.
La lunga escursione da
Wissant a Cap Blanc Nez con le scogliere di Dover puntate come spilli a farci
compagnia leniva la fatica delle ultime settimane di lavoro nella piovosa
Bruxelles.
Dopo una breve pausa sulla
punta della falesia prendemmo il tragitto di ritorno ma questa volta accompagnati
da decine di boe comparse improvvisamente come fossero state seminate nel corso
della notte e sbocciate dopo la nostra passeggiata.
Ci stupimmo di quei funghi rossi
adagiati su un lato e venuti alla luce dal nulla.
Nel tardo pomeriggio ci
recammo a prendere un aperitivo sulla digue
e alla cameriera con gli occhiali grandi e i denti sovrapposti come paletti
di legno addossati gli uni sugli altri, ne chiedemmo lumi.
A Wimereux, ci illustrò
incerta, come in pochi altri posti al mondo, esiste una stupefacente marea che
ogni poche ore sale e scende come un montacarichi impazzito.
“Non
conoscevate questa cosa delle maree?” udimmo la voce di un signore che poi si
sporgeva di lato in modo da poter essere visto.
“No”,
negammo basiti.
Laurent, così si presentò,
allora ce ne spiegò il funzionamento e ci rivelò anche
che il gioco pazzo di una marea aveva fatto perdere l’uso della ragione al
vecchio Jean-Pierre.
Si portò
poi la mano agli occhi per coprirsi dal sole che stava dipingendo un cerchio arancione
sull’orizzonte prima di celarsi dietro una nuvola impertinente e ci raccontò di
Jean-Pierre, un vecchio pescatore che conosceva bene le maree, che cent’anni fa
o forse più, aveva deciso di sfidarne una.
“A
quel tempo non c’erano tutte queste cose” fece afferrando il suo Samsung e “secondo
i suoi calcoli quella sera l’alta marea sarebbe dovuta comparire a mezzanotte e
non come sostenevano tutti la mattina dopo alle sei”.
“Be’…
in passato si narra avesse sempre vinto il vecchio Jean-Pierre”, aggiunse mesto
Laurent.
“Convinto
del suo giudizio, il pescatore decise dunque di stendersi sulla spiaggia laddove
sarebbe cominciata poi l’alta marea. Si distese e si mise ad osservare il cielo
pregando di essere lasciato solo con la promessa di incontrarsi all’alba del
giorno dopo. La mattina seguente il mare era placido e calmo e di Jean-Pierre
più nessuna traccia. Alcun segno”.
“Nessuna
traccia?” domandai sorpreso.
“No,
sparito. Dissolto. Vaporizzato”. E poi aggiunse enigmatico “l’avrà portato via
con sé la luna”.
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