venerdì 28 giugno 2019

26. La ruota di Place Flagey





Faceva caldo.
Brandelli di sudore solidi come Angus che colavano giù e si stringevano alle magliette come fossero gocce di silicone Pattex, confermavano l’esistenza della stagione bollente anche a queste latitudini.
Un’ondata di calore teneva sulla graticola il paese e lo rendeva esausto dalla felicità allo stesso tempo.
Da settimane stava provando a fare l’esercizio per cui veniva sbeffeggiata. Tanto sapeva che un giorno o l’altro ce l’avrebbe fatta.

E li avrebbe smentiti.

L’appuntamento per una birra a place Flagey insieme ai suoi amici di una vita costituiva una tappa obbligatoria prima di tornarsene a casa in direzione di cimitière d’Ixelles.
Contrariamente a molte sue vecchie amiche che tendevano a formare piccole comunità matrilineari, lei sentiva di non poterne fare troppo parte. Anzi a pensarci bene non riusciva proprio a ricordarsi una sola amica con cui avesse legato così a lungo come con François, Thierry e Didier.

Erano gli amici.

Con gli anni apprese a leggerne le intenzioni dal modo in cui si illuminava loro lo sguardo in un momento di intesa scintillante. Col tempo affinò pure la tecnica. Se Thierry diceva stasera andiamo al Pantin immancabilmente Didier avrebbe proposto l’Amère à Boir e Francois tentennando si sarebbe voltato verso i tre indeciso, finché lei non avesse sbrogliato l’esitazione, e risolto per un terzo bar che li avrebbe messi tutti d’accordo.
Era l’unica femmina del gruppo. Le altre un po’ per caso e un po’ per scelta fuggirono o furono fatte scappare. Del gruppo aveva condiviso i litigi, gli amori, le delusioni e le gelosie come quella volta che Thierry e Didier se l’erano date di santa ragione perché ambedue invaghiti di Mélanie, senza tuttavia decidersi. Mélanie però durò qualche settimana sparendo allo stesso modo di un temporale estivo violento, ma passeggero.

François la sfidava spesso.

Una volta molto tempo prima si diede il caso che l’avesse visto con occhi diversi, come quando dopo aver contemplato per secoli un’immagine senza più emozioni, un dettaglio all’improvviso venisse fuori facendoti esclamare “e questo?”. Ma poi il turbamento di rompere qualcosa la condusse a rimettere in ordine quell’immagine abituale.
Flagey era gremita ed il caos che l’attraversava costituito da monopattini, biciclette e palloni che nel momento sembravano stessero per scontrarsi cambiavano magicamente traiettoria e morivano lentamente sul ciglio della strada rincorsi ciascuno dal legittimo proprietario.
Francois, Thierry e Didier stavano seduti sulle panche sorseggiando una Jupiler e passandosi una cannetta d’erba mentre commentavano lo svolazzare leggero degli abiti indossati da ogni ragazza che attraversava la piazza. Anche lei si univa ai commenti e in un certo senso aveva ormai imparato ad anticiparli con il medesimo lessico colorito ma impreziosito di una battuta fulminea riassuntiva, la maggior parte delle quali definitiva.

“Allora che dite? Ne sarò capace o no?” disse poi improvvisamente in un momento di silenzio magico.

“Lascia stare Malak,” sorrise Francois.
“Ora vedrete!”
Si mise in piedi, e aggiustata la maglietta e allargati i pantaloni, alzò le mani al cielo e un secondo dopo aveva compiuto un giro completo di 360 gradi.
Fu la ruota più bella.
“Avete visto?”
E poi aggiunse “Tiè” con entrambe le dita media delle mani alzate.

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