Come
tutte le mattine aveva fatto spesa al Delhaize sotto casa. Ogni giorno poche
cose, quelle sufficienti per lei e per Isidoro, il suo gatto; ma non oggi.
Stasera ci sarebbero stati i nipoti a cena e lei voleva preparargli anche una
torta di mele; l’adoravano.
Si
diresse verso casa, arrivata sulla soglia, appoggiò
le buste sul tappeto, tirò fuori con la mano destra il mazzo di chiavi, prese
senza farci troppo caso quella del portone e l’aprì: una rampa di scale ed era
già nel suo appartamento. Chiusa la porta e dati due giri di chiavi, si sfilò
il cappotto, passò in bagno, si recò poi in cucina dove cominciò ad ordinare
lentamente la spesa, mentre Isidoro miagolava e si strofinava contro le sue
gambe.
Il
formaggio andava sempre sul pianale alto del frigo, il latte sullo
scompartimento attaccato allo sportello e l’indivia
in basso nel ripiano delle verdure. E poi, in basso ancora ma fuori frigo, le
mele, proprio accanto al forno, come d’abitudine.
Ordinata tutta la spesa,
erano solo le nove e trenta del mattino, si era nuovamente preparata per l’usuale giro in metro.
Una routine che la signora D’Angelo aveva preso poco tempo dopo la morte del
povero marito Nando. Erano dieci anni esatti, infatti, che la signora Adele
D’Angelo, abruzzese di Sulmona, aveva questa consuetudine.
Scese
le scale che portavano alla stazione di Porte de Hal prendendo la direzione
Elisabeth. Il rituale lo aveva perfezionato progressivamente: evitare le ore di punta
con troppa gente, per lo più indaffarata, e salire
sulla carrozza di testa, restare in piedi così da permettersi una certa
autonomia di movimento, e poi guardarsi attorno alla ricerca della persona che
le ispirava fiducia con cui scambiare due parole. Ecco, negli anni aveva
compreso che dei lettori di libri che incontrava poteva fidarsi.
Si
lamentava, tuttavia, che adesso tutti hanno gli occhi
incollati sui telefoni e la ricerca s’era quindi fatta assai faticosa.
Inoltre,
aveva visto quanto fosse difficile ora indovinare cosa stessero leggendo i
lettori cui si avvicinava. Per esempio, quello, in questo momento, quello in
fondo, che cosa starà leggendo?
Aveva
finalmente adocchiato un ragazzo giovane con le cuffie alle orecchie che
reggeva un libricino sulla mano. Tentennò ancora
un po’ per capire se potesse essere quello giusto.
Lo
vide sorridere.
Decise
di muoversi e quando gli era vicina gli domandò:
“Buongiorno, posso farle una domanda?”
Il ragazzo alzò
lo sguardo stupito e tirando via le cuffie fece una faccia tipo “scusi?”
E lei “le dispiace se le chiedo cosa sta leggendo?”
E lei “le dispiace se le chiedo cosa sta leggendo?”
“No… signora, sto leggendo una
poesia.”
“Una poesia?” domandò sorpresa la
signora D’Angelo: era molto tempo che non le capitava di imbattersi in qualcuno
che stesse leggendone una.
“E di che parla?”, incalzò.
“S’intitola
«Per Tess» e c’è questo verso che continuo a rileggere:
«Ho
aperto gli occhi e mi sono alzato subito
E sono ritornato ad essere
contento.
È
che te ne sono grato, capisci.
E te lo volevo dire.»”
“È
bella!”, esclamò commossa la signora D’Angelo mentre la metro entrava
sobbalzando alla stazione di Madou.
“Lo
sa che… anche ora che ho ottantacinque anni passo molto tempo a leggere?”
Il
frastuono delle porte che si stavano aprendo aveva coperto la risposta del
ragazzo e lei doveva sbrigarsi a scendere prima che la metro ripartisse. Scese
dalla carrozza, si girò, sorrise e salutò. Fuori della stazione
sentì il calore di una splendida giornata primaverile.
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