venerdì 13 dicembre 2019

2. Quando vorresti che la tua partner ti raggiungesse a Bruxelles





“Eccomi qui…” arrivai con qualche minuto di ritardo al nostro appuntamento.
“Un attimo solo… sono al telefono con Adele” mi disse tappando il microfono del telefono.
“Va bene. Intanto entro dentro a prendere un tavolo. Ok?”
Fece sì con la testa reggendo il telefono sulla spalla intanto che con le mani si rollava una sigaretta. L’appuntamento con Edoardo era all’Athénée di un sabato pomeriggio piovoso con un cielo grigio e basso che metteva malumore. Già qualche giorno prima mi aveva anticipato che erano state settimane di litigate continue con lei, indecisa se raggiungerlo o meno a Bruxelles.
L’Athénée era un piccolo caffè di quartiere accanto la chiesa di Saint-Boniface e a due passi dalla “lunga vita” piena di ristorantini africani disseminati come chicchi di riso nel pittoresco quartiere di Matonge. Aveva un pubblico prevalentemente giovane e un po’ “bobo” che ti faceva sentire costantemente fuori posto. Il gestore, un tizio magro “métis”, con i dreads” raccolti dietro e la fronte già segnata da alcune calvizie, divorava un sandwich distrattamente sorseggiando un calice di vino rosso. Alzò lo sguardo dal quotidiano e attese che decidessi dove sedermi nel momento in cui Billie Holiday sussurrava triste “Lover man, oh, where can you be.”
Tre poltrone, con grandi rombi bianchi e neri ripetuti quasi all’infinito simili a pensieri ossessivi difficili da scacciare, accoglievano un pubblico giovane e con i piercing dal tardo pomeriggio in poi, al contrario di intellettuali svogliati e “chômeurssilenziosi che lo preferivano durante le pigre mattinate invernali. I tavolini quadrati, minuscoli come francobolli dove non si riesce nemmeno a ficcare la lingua sulla colla, erano dislocati sulle due ali del caffè.
Dopo aver dato un occhio in giro decisi di sedermi accanto alla piccola stufa circolare proprio al centro della sala in attesa che Edoardo concludesse la sua telefonata con Adele. Il tepore gradevole emesso della stufa calda e un bicchiere di vino rosso mi misero subito di buon umore. Un ragazzo allora entrò e chiese se il locale si chiamasse Athénée a causa dell’origine greca del proprietario. Il barista all’inizio fece difficoltà a comprendere la domanda, ma poi, voltandosi verso il gestore, gli domandò se così fosse, e quello, rialzando nuovamente lo sguardo dal quotidiano, fece semplicemente no con il capo.

“No… sai… avevo fatto questa domanda perché sono greco” ribatté allora il ragazzo ordinando subito dopo un gin tonic.

Le pareti del caffè con i mattoncini a vista, le piastrelle da piscina e i murales che echeggiavano le “azulejos” portoghesi sembravano aver bisogno di più stufe di quella che campeggiava lì in mezzo, da sola; mentre dal bancone, che divideva lo spazio come l’acqua mutilata dopo il passaggio di una imbarcazione, boccali di birra penzolavano simili a salsicce secche pronte a precipitare.
Mi alzai e acchiappai una copia de “le Monde” cercando la pagina culturale mi fermai a leggere una intervista allo stilista belga Dries Van Noten divertito a raccontare i limiti dell’industria della moda contemporanea. Una rotonda donna sulla quarantina intanto si sedette non troppo distante da me e dopo qualche secondo di esitazione si levò la sciarpa, prese il cellulare e si sistemò i capelli dietro le orecchie mentre il suo compagno allo stesso tempo aveva preso due Leffe.
Continuai a sfogliare il giornale e un trafiletto scritto da Anne-françoise Hivert, corrispondente da Stoccolma del giornale, descriveva la protesta per l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Peter Handke.
“Che palle!” pensai e poi mi chiesi “Ma… Edoardo?”
Intanto il caffè si andava riempiendo e proprio sulla mia destra una coppia sulla trentina sorseggiava un tè allo zenzero discutendo se il meteo sarebbe stato grigio anche nei prossimi giorni. Poco più distante un cristiano alto due metri, con il cappello alla “Peacky blinders”, si stava aprendo una 100PAP. Chissà se anche lui avrà avuto una lametta nascosta lì in mezzo.

Mi alzai e riposi il quotidiano e presi le “Soir” indeciso se prendere un altro vino o aspettare che arrivasse Edoardo per ordinarlo.


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