“Eccomi qui…” arrivai con qualche
minuto di ritardo al nostro appuntamento.
“Un attimo solo… sono al telefono
con Adele” mi disse tappando il microfono del telefono.
“Va bene. Intanto entro dentro a
prendere un tavolo. Ok?”
Fece
sì con la testa reggendo il telefono sulla spalla intanto che
con le mani si rollava una sigaretta. L’appuntamento con Edoardo era all’Athénée
di un sabato pomeriggio piovoso con un cielo grigio e basso che metteva
malumore. Già qualche giorno prima mi aveva anticipato che erano state settimane
di litigate continue con lei, indecisa se raggiungerlo o meno a Bruxelles.
L’Athénée
era un piccolo caffè di quartiere accanto la chiesa di Saint-Boniface e a due
passi dalla “lunga vita” piena di ristorantini africani disseminati come chicchi
di riso nel pittoresco quartiere di Matonge. Aveva un pubblico prevalentemente
giovane e un po’ “bobo”
che ti faceva sentire costantemente fuori posto. Il gestore, un tizio magro “métis”, con i “dreads” raccolti dietro e la fronte già
segnata da alcune calvizie, divorava un sandwich distrattamente sorseggiando un
calice di vino rosso. Alzò lo sguardo dal quotidiano e attese che decidessi
dove sedermi nel momento in cui Billie Holiday sussurrava triste “Lover man,
oh, where can you be.”
Tre
poltrone, con grandi rombi bianchi e neri ripetuti quasi all’infinito
simili a pensieri ossessivi difficili da scacciare, accoglievano un pubblico
giovane e con i piercing dal tardo pomeriggio in poi, al contrario di
intellettuali svogliati e “chômeurs” silenziosi che lo
preferivano durante le pigre mattinate invernali. I tavolini quadrati,
minuscoli come francobolli dove non si riesce nemmeno a ficcare la lingua sulla
colla, erano dislocati sulle due ali del caffè.
Dopo
aver dato un occhio in giro decisi di sedermi accanto alla piccola stufa
circolare proprio al centro della sala in attesa che Edoardo concludesse la sua
telefonata con Adele. Il tepore gradevole emesso della stufa calda e un bicchiere
di vino rosso mi misero subito di buon umore. Un ragazzo allora entrò
e chiese se il locale si chiamasse Athénée a causa dell’origine greca del
proprietario. Il barista all’inizio fece difficoltà a comprendere la domanda,
ma poi, voltandosi verso il gestore, gli domandò se così fosse, e quello,
rialzando nuovamente lo sguardo dal quotidiano, fece semplicemente no con il
capo.
“No… sai… avevo fatto questa domanda
perché sono greco” ribatté allora il ragazzo ordinando subito dopo un gin
tonic.
Le
pareti del caffè con i mattoncini a vista, le
piastrelle da piscina e i murales che echeggiavano le “azulejos”
portoghesi sembravano aver bisogno di più stufe di quella che campeggiava lì
in mezzo, da sola; mentre dal bancone, che divideva lo spazio come l’acqua mutilata
dopo il passaggio di una imbarcazione, boccali di birra penzolavano simili a
salsicce secche pronte a precipitare.
Mi
alzai e acchiappai una copia de “le Monde”
cercando la pagina culturale mi fermai a leggere una intervista allo stilista
belga Dries Van Noten divertito a raccontare i limiti dell’industria della moda
contemporanea. Una rotonda donna sulla quarantina intanto si sedette non troppo
distante da me e dopo qualche secondo di esitazione si levò la sciarpa, prese
il cellulare e si sistemò i capelli dietro le orecchie mentre il suo compagno allo
stesso tempo aveva preso due Leffe.
Continuai
a sfogliare il giornale e un trafiletto scritto da Anne-françoise
Hivert, corrispondente da Stoccolma del giornale, descriveva la protesta per l’assegnazione
del premio Nobel per la letteratura a Peter Handke.
“Che palle!” pensai e poi mi chiesi “Ma…
Edoardo?”
Intanto
il caffè si andava riempiendo e proprio
sulla mia destra una coppia sulla trentina sorseggiava un tè allo zenzero
discutendo se il meteo sarebbe stato grigio anche nei prossimi giorni. Poco più
distante un cristiano alto due metri, con il cappello alla “Peacky blinders”,
si stava aprendo una 100PAP. Chissà se anche lui avrà avuto una lametta
nascosta lì in mezzo.
Mi
alzai e riposi il quotidiano e presi le “Soir”
indeciso se prendere un altro vino o aspettare che arrivasse Edoardo per
ordinarlo.
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