Non
mancava niente. Per Giulia D’Acunto si
stava profilando all’orizzonte una carriera perfetta all’interno
delle Istituzioni. I suoi genitori le avevano preparato tutto meticolosamente.
E lei aveva seguito le istruzioni sbagliando mai una tappa. Quello che
occorreva fare fu compiuto in modo impeccabile.
Come un automa.
Il
classico? Tutto d’un fiato. La Bocconi? Come un sorso
di metà mattinata. Al Collegio d’Europa stava ancora ricevendo i complimenti dall’intero
corpo accademico, quando era già stata selezionata per il tirocinio alla DG
“Salute e sicurezza alimentare”, dopo essere stata inserita nella “Blue-book”.
Sembrava fatta.
Ma
poi qualcosa si era rotto. Sarà stato l’ambiente di
quelli della “SANTE” o quel collega olandese con tutte le sue manie che aveva
provocato un primo smottamento impercettibile ai più. E da allora le era
diventato irragionevole anche salire su un treno senza avere qualche paranoia.
Alla
morte della nonna giunta alla veneranda età di cento
anni aveva chiesto ai genitori se fosse stato possibile chiamare una impresa
per disinfettare l’intero appartamento. La loro perplessità per la richiesta
piuttosto inconsueta della figlia, tuttavia, non si accompagnò con una
decisione contraria. Anzi. L’avevano assecondata. Come ormai assecondavano
altre stranezze forse spinti dal senso di colpa per averle costantemente indicato
ogni via escludendo, perentoriamente, alcuna deviazione dal percorso indicato.
Anche
Luca, il suo compagno, registrava con crescente preoccupazione quella sua mania
di igiene che si esprimeva compulsivamente nel lavarsi le mani anche cento
volte al giorno. Un giorno mentre erano in metro per attraversare quasi tutta
la città le domandò “ci sediamo? Dobbiamo
arrivare al capolinea.” Giulia lo osservò impassibile e gli ribatté “meglio di
no. Sai che i sedili della metro sono pieni di qualsiasi forma di batteri.”
“Ma hai la giacca!” replicò lui.
“Lo so. Ma non è sufficiente. Ed ho
paura di portare il mondo a casa. Dai… fammi questo favore. In fondo non è che
te ne chieda tanti. Ti prego”, concluse prendendolo sottobraccio e
avvicinandolo a sé.
Una
notte dopo essere rientrati da una lunga cena con amici si fermarono ancora un
po’ in sala. Presero del vino dolce e abbassarono le luci. Iniziarono
a baciarsi.
“Un momento” gli disse “vado a
lavarmi le mani. Lo sai che la metro pullula delle porcherie più improbabili.”
“Ok. Dai…”, le rispose. Ritornò dopo
qualche minuto e si rimise sdraiata sul divano accanto a Luca. Lui si accinse allora
a levarle la camicetta accarezzandole dolcemente le grandi tette.
“Scusa amore, ti dispiace andarti a
lavare le mani?”
“Sì, ora vado” rispose lui un po’ spazientito.
Ritornò
al volo e continuarono da dove avevano cessato. Si spogliarono lentamente
mentre il ritmo del loro respiro si faceva più rapido. I loro corpi erano ora
nudi e pronti, quando lei si interruppe nuovamente e gli ordinò di andare a
prendere l’amuchina così da igienizzarsi il cazzo prima della penetrazione.
Luca si alzò per recarsi in bagno ed eseguire l’ordine impartito. Ma
poi si fermò e tornò indietro. Prese gli abiti che erano stato gettati sul
tappeto e cominciò a rivestirsi indossando dapprima le mutande. Prese poi i
pantaloni e la maglietta ed infine le scarpe al tempo stesso che Giulia lo osservava
dispiaciuta e in silenzio. Una volta completata l’operazione era quasi deciso a
darle un bacio ma preferì lasciar perdere. Si voltò e sparì per sempre dalla
vita pulita di Giulia.